Vasia

Altitudine: m 385 s.l.m.

Superficie: km2 11

Distanza da Imperia: km 11

Abitanti:
- nel 1881 1373
- al 2017 391

Festa patronale: 17 Gennaio - Sant'Antonio Abate

Informazioni: Comune tel. 0183 282053


Assieme a Pantasina e Pianavia, Vasia era un feudo dei Ventimiglia sino al 1579 quando Filiberto di Savoia compra l'intero comprensorio che da allora resta sotto il dominio sabaudo.

Nella zona di Vasia è documentata in particolare la presenza di monaci benedettini provenienti dalle Isole di Lerino, che furono chiamati nel 1199 dagli abitanti di Vasia a prendere possesso della chiesa romanica di San Martino.

In compenso dell'opera svolta dai religiosi gli abitanti si impegnarono a mandare ogni anno all'abbazia lerinese quattro soldi milgoriensum (un'antica moneta provenzale) oppure dodici libbre di olio.

La presenza e l'opera dei benedettini trasformarono radicalmente il territorio vasiese tramite la costruzione di muri a secco, scavando la terra nelle fessure stesse della roccia, grazie a un immane lavoro condotto con tenacia e perseveranza dai valligiani.

Una volta realizzato il terrazzamento, o fasce, fu introdotta la coltivazione dell'ulivo, con produzione di olive della pregiata qualità taggiasca, diffusa su un'area ben circoscritta, estesa dalla Turbia a Capo Mele e nell'entroterra fino a Pieve di Teco e Triora, mentre oltre Capo Mele prosperavano la colombara e la mortina.

Visita al Borgo

Poco prima di arrivare al paese, superato lo spoglio oratorio di San Rocco si distacca sulla destra la strada che in due chilometri di stretto e tortuoso sterrato in mezzo agli uliveti ci porta alla romanica chiesa di Sant'Anna; per raggiungerla si prosegue oltre l'abitato fino ad una cappella da cui si prende a sinistra al bivio successivo si volta a destra, percorso un centinaio di metri si arriva ad uno slargo da cui si imbocca a sinistra la strada che corre in piano raggiungendo trecento metri dopo la chiesetta.

L'edificio di chiara impronta romanica venne rimaneggiata nel Seicento, quando furono demolite le due cappelle laterali (di cui si conserva una colonna lungo il fianco destro), rifatta l'abside interna e aggiunto il massiccio porticato a sedili con volta a crociera.

La facciata è decorata dal monolitico architrave intagliato con Madonna, Sant'Anna e Bimbo, del 1493, sormontato da rosone, e un altro sovrapporta intagliato nel 1513 con figure grottesche arricchisce la porta laterale destra; nell'abside, che ha conservato le originarie monofore ad arco ribassato e gli archetti pensili nel sottotetto, si apre un secondo piccolo rosone. La navata interna, pavimentata col lastricato originario, è coperta a capriate.

Rientrati in paese parcheggiamo sul piazzale dove sorgono chiesa ed oratorio.

La chiesa di Sant'Antonio Abate venne costruita nel Cinquecento sull'edificio più antico di cui il sagrato conserva capitelli ed un rocco di colonna; la porta di ingresso si apre sul fianco sinistro, protetta dal porticato al cui fianco si eleva il campanile ricostruito nel 1806.

L'interno, a tre navate divise da colonne in pietra che si presentano oggi intonacate, conserva tre polittici tutti riproducenti Vergine e Bambino contornati da santi: quello nel coro a destra dell'altar maggiore è di Pietro Guidi (Sec. XV) e proviene dalla chiesetta di Sant'Anna; lo fronteggia quello del tardo Quattrocento qui trasferito dall'arcaica chiesetta di San Martino che poi visiteremo; quello più piccolo infine, conservato nella cappella a destra dell'altar maggiore, è del Cinquecento ed è opera di Guido De Rossi (1580-85).

Di fronte alla chiesa sorge il massiccio barocco oratorio dell'Immacolata Concezione che custodisce la statua in legno del Cristo Risorto, oggetto a Pasqua di solenni festeggiamenti con processione.

Tornati all'auto proseguiamo lungo la provinciale imboccando poi al centro della prima curva a destra la deviazione fiancheggiata dalle edicole della Via Crucis, che prendendo poi a sinistra al bivio ci porta in meno di un chilometro al camposanto su cui sorge la chiesetta di San Martino recentemente restaurata. Attorno al Mille qui sorse il più antico monastero della vallata, che venne poi abbandonato nel Cinquecento lasciando isolata la rustica chiesetta.

Il basso campanile quadrato con monofore nella cella campanaria è tipicamente romanico, così come la semplice facciata a capanna con parte centrale rialzata, e lo spoglio portale sormontato da una lunetta e da quattro piccoli pinnacoli a piramide quadrangolare sul tetto; sul fianco destro si apre la porta laterale, preceduta da una scalinata semicircolare in pietra.

Delle due cappelle che affiancavano originariamente l'abside quadrangolare si è conservata quella di sinistra, coperta a "ciappe" come l'abside; dell'altra sono rimaste le pareti interne in cui si aprono nicchie in alto, ed in basso l'apertura che immetteva alla cripta sotto l'abside.

Rientriamo sulla provinciale svoltando a destra e raggiungiamo dopo un chilometro e mezzo la borgata di Torretta.

Sul ciglio destro della strada sorge la chiesetta dell'Immacolata Concezione con basso campanile e portichetto a sedili che anticipa la semplice facciata con la nicchia depredata della bella statuetta della Vergine che custodiva fino a pochi anni fa; all'interno c'è l'altarino barocco con balaustra in marmi policromi intarsiati.

A sinistra della chiesa sale la rampa in cemento che porta all'abbeveratoio; salendo ancora di una ventina di metri e voltandoci verso valle possiamo vedere inglobata fra le case del borgo la torretta che gli diede il nome, oggi mozzata e coperta da un tetto a spiovente unico.

Tornati all'auto proseguiamo raggiungendo, settecento metri dopo, la chiesa della Sant'Annunziata di Pianavia, con campanile a sinistra e portichetto sulla destra, che conserva all'interno la settecentesca "Annunciazione" di Antonio Calzia da Villaguardia.

Duecento metri dopo si distacca a sinistra della provinciale la strada che scende a Prelà Castello, dominata dai massicci ruderi del Castello di Pietralata Soprana (non visitabile), residenza dei Lascaris dal 1350.

La fortificazione, a pianta quadrata, rivolge verso strada le sue minacciose feritoie; dietro al torrione costruito sulla roccia rimangono i resti dell'altro bastione circolare; il palazzo residenziale purtroppo fu completamente demolito ed al suo posto c'è oggi una vigna.

La fortezza fu via via contesa ai Lascaris dai Clavesana, i Grimaldi, i Doria, la Repubblica di Genova ed i Conti di Ventimiglia e di Tenda che la conquistarono vendendola poi ai Duchi di Savoia.

Veramente fa una certa impressione confrontare un passato tanto ricco e tumultuoso con il desolato presente che abbiamo davanti: Prelà Castello fu nel Medio Evo il centro più vitale della vallata, ma l'inesorabile costante calo demografico (gli abitanti fissi sono ormai non più di una ventina) sembra ribadire l'ormai irrimediabile condanna del borgo a concludere la propria parabola storica nell'abbandono.

Scendiamo a visitare il paese: lasciata l'auto duecento metri più avanti, entriamo nell'abitato e, superata la loggia nel vicolo a destra, sbocchiamo nella piazzetta su cui sorge la chiesa dei Santi Jacobo et Nicolao Mirensi, con un campanile a guglia ottagonale coperto a scaglie e la parte destra del porticato murata per ospitare la parrocchia; di fronte c'è l'oratorio della Santa Croce e di Maddalena Addolorata del 1587, con meridiana in facciata.

Preceduto da un'ampia scalinata il portale della chiesa ha scolpito nel sovrapporta un cartiglio con l'iscrizione del 1559 che ricorda la munificenza del conte Claudio Lascaris di Tenda che contribuì alla costruzione: "Vive diu felix, claris natalibus ortus - o Claudi, gregis maxima cura tui" ("Vivi a lungo felice, o Claudio dai nobili natali, a massima cura del tuo gregge").

Gli stipiti sono intagliati con motivi floreali, animaleschi e figure umane; al centro del sovrapporta è scolpito un quadrupede di difficile identificazione.

Tornati alla provinciale continuando a salire raggiungiamo in meno di due chilometri Pantasina dove parcheggiamo all'incrocio su cui sorge la parrocchiale chiesa della Trasfigurazione, costruita nel 1434 e poi rimaneggiata in barocco, fronteggiata dal barocco oratorio di Santa Caterina decorato in facciata dallo stucco della santa con la ruota della tortura.

Della chiesa originaria si è salvato, nell'architrave della porta laterale sinistra, l'altorilievo con Agnus fra due angioli, cartiglio con la data a destra e Trigramma in raggiera a sinistra; all'interno, a sinistra delle due colonne che reggono il coro dell'organo, c'è una rustica acquasantiera in pietra.

Seguiamo in auto l'indicazione per Carpasio sulla strada che sale dietro alla chiesa e superato a destra il lavatoio con vasche in pietra sotto la volta coperta da "ciappe" parcheggiamo duecento metri dopo in corrispondenza della stradina che si distacca a sinistra.

Da qui in cento metri raggiungiamo l'edicola che ha di fronte poco più a valle il Palazzo Lascaris il cui portale ha l'architrave intagliato a stemma della casata fra le scritte: "ANNE TENDE CLAUDIO FRANSOSE" e "IN ETERNUM FIDE SERVABO" (Manterrò fede in eterno), e la data 1545 fra le lettere G e B; a sinistra è scolpito lo stemma dei Tenda e a destra quello dei Ventimiglia.

In alto ed in basso dell'unico stipite rimasto è scolpita una rosetta, mentre al centro è intagliato il medaglione con una rara maga-custode femmina.

Tornando indietro imbocchiamo la stradina a sinistra, e superato il forno nello spigolo del palazzo a sinistra troviamo dopo duecento metri la chiesetta di San Giuseppe del 1858, con campaniletto quadrato sul fianco sinistro; più avanti sorge fra gli ulivi la chiesetta di San Damiano.

Tornati sulla strada asfaltata riprendiamo l'auto e proseguiamo verso Carpasio; dopo meno di un chilometro incontriamo a sinistra il panoramico piazzale su cui sorge il Santuario della Madonna della Guardia, costruzione in pietra squadrata di stile medievale ma di recente fattura; sul ciglio del sagrato dà sulla vallata una piccola edicola con campana.

Tornati indietro fino alla piazza della chiesa prendiamo la discesa sulla destra superando, cento metri dopo sulla destra, il monolite base di un torchio.

Procedendo verso valle possiamo visitare alcune minuscole frazioni: a Praelo, superate le mole da frantoio poste sul ciglio della strada, parcheggiamo nella piazzetta dove sorge il minuscolo oratorio del 1730 e la coeva chiesetta di San Bartolomeo; di fronte sorge il palazzotto padronale che porta murata sopra il portale in marmo una lapide intagliata con lo stemma degli Azonof.

A Caneto, dopo la strettoia, superato sulla destra un palazzotto padronale con meridiana sulla facciata, si arriva alla rotonda da cui si accede più in basso alla barocca chiesa dell'Immacolata Concezione; a Case Carli l'oratorio di San Sebastiano ha murato nella facciata una lapide del Ventennio che inneggia agli "Italiani del Littorio".

Proseguendo sulla provinciale arriviamo a Molini di Prelà, capoluogo delle diverse borgate che formano Prelà.