Altitudine: m 350 s.l.m.
Superficie: km2 10
Distanza da Imperia: km 15
Abitanti:
- nel 1881 872
- al 2017 482
Festa patronale:
21 Settembre - San Matteo
Informazioni: Comune tel. 0183 90200
Il borgo medievale di Pietrabruna fu già dominio dei Lengueglia; venduta nel 1162 a Porto Maurizio, divenne parte nel Terziere di San Gregorio seguendo poi sempre le sorti di Porto Maurizio.
Il toponimo è attestato nel XII secolo come Petra bruna, poi nel secolo seguente come Preabruna, da cui, per abbreviazione e dissimilazione della r, deriva la dizione locale di Prebüna.
Il termine Petra, al pari della località di Pietra Ligure, potrebbe indicare, oltre che il materiale pietroso che si estrae in loco, anche l'esistenza di una posizione fortificata per scopi difensivi, mentre l'epiteto bruna si riferisce senza dubbio al colore della pietra, forse con implicita allusione proprio al colore scuro della pietra con cui sono state erette le case del borgo medievale.
Dopo avere saccheggiato violentemente Riva e San Lorenzo, i corsari barbareschi, guidati dal rinnegato calabrese Luca Galeni, meglio noto come Occhialì, raggiunsero i paesi di Lingueglietta, Civezza e Cipressa, che vennero selvaggiamente devastati.
La stessa triste sorte sarebbe toccata anche a Pietrabruna ai primi di giugno del 1564, quando Occhialì e i suoi uomini, poco prima di saccheggiare brutalmente Civezza, Torrazza e Piani e distruggere il borgo di Montalto di Caramagna, si accanirono contro il borgo di Pietrabruna e i suoi abitanti con inaudita ferocia e cieca violenza, catturando anche molte persone inermi.
Visita al Borgo
Poco prima di arrivare al paese un cartello sulla sinistra ci indica il sentiero che porta alla chiesetta di San Gregorio; ignoriamolo e proseguiamo per imboccare poco dopo, al termine di un breve rettilineo, la stradina asfaltata che scende sulla sinistra portandoci in auto al parcheggio del camposanto dove appunto sorge l'edificio.
Già citata nel 1103, la chiesa fu praticamente abbandonata alla fine del Millecento; la costruzione, in conci che seguono corsi orizzontali molto regolari, è in schietto stile romanico, col semplice portale in pietra ad arco ogivale affrescato nella lunetta da "Vergine, Bambino, San Gregorio ed un orante"; sopra si apre la finestrella semicircolare e quindi asimmetricamente si alza il campaniletto a vela.
L'abside coperta a "ciappe" appare oggi molto più bassa del reale per l'attuale livello del terreno circostante; è traforata da una finestrella semicircolare uguale a quella in facciata ed è decorata nel sottotetto da archetti pensili.
Sul fianco destro si apre una stretta monofora strombata ad arco ogivale e su quello opposto la porta laterale, che dall'interno si rivela inserita in un ben più ampio arco a tutto sesto.
Lo spoglio interno, ben visibile dalle due finestrelle quadrate in facciata, è a navata unica coperta a capriate, pavimentata in grossolani lastroni di pietra; il classico muricciolo con sedili in pietra ne separa lo spazio per i fedeli da quello, più lontano dall'altare, riservato ai catecumeni.
Tornati in auto sulla provinciale proseguiamo circonvallando il paese finché vi entriamo raggiungendo il parcheggio.
Da qui scendiamo a piedi la rampa in fondo a sinistra e prendiamo poi ancora a sinistra per arrivare all'oratorio di Sant'Annunziata con sediletto in pietra ed affresco in facciata, fronteggiato da una fontana di recente fattura; all'interno è conservata una "Annunciazione" del 1545 di Agostino Casanova.
Proseguendo attraverso il borgo arriviamo alla piazzetta su cui sorge la quattrocentesca chiesa di San Matteo ricostruita in stile neoclassico nel 1844 allungando i due lati corti della costruzione originaria di cui si è salvato il bel portale, che risulta inserito oggi nel fianco destro dell'edificio.
Due colonne reggono l'architrave monolitico sormontato da due angioli ed intagliato con Trigramma gotico tra una stella e una croce; all'interno della chiesa è conservata una anonima "Madonna del Rosario" del 1653.
La casa che fronteggia la facciata conserva le tracce di un arbitrio consumato secoli fa, quando l'architrave scolpito della chiesa quattrocentesca venne tagliato in due per il lungo per ricavarne gli stipiti di un portale; attorno sul sagrato rimangono capitelli ed altri frammenti della chiesa originaria.
Sul portale della canonica c'è l'edicola dedicata a San Giacinto; sulla stessa parete è anche murata una lapide fascista identica a quella di Cesio che ricorda le "sanzioni" del 1935.
Scendiamo di fronte alla facciata della chiesa per via Duomo; fatti pochi passi sulla destra ci sorprende all'1 il bell'architrave monolitico triangolare, intagliato con decori floreali e la scritta "P S TIMOR DOMINI" del 1616; se scendiamo sulla sinistra e prendiamo poi ancora a sinistra troviamo al 2 un altro architrave in pietra nera scolpito in altorilievo con due angioli che incoronano la Vergine che tiene un libro in mano.
Divisa sui due lati c'è, anch'essa profondamente rilevata, la scritta: "DEVHO QI PASI PER LA VI(A) SENPER SALVEA LA VIRGINE MARIA".
Conclusa la visita al borgo, dai cui tetti a "ciappe" ricoperti di muschio trasuda una pesante aria di rassegnato abbandono, torniamo all'auto e riprendiamo la via del ritorno imboccando subito dopo il ponte la deviazione che ci porta a Boscomare; la strada aggira il paese e termina al parcheggio, che funge anche da sferisterio.
Alzati gli occhi ad osservare l'altana a sinistra imbocchiamo a piedi la rampa in cemento verso destra e proseguiamo dritti sotto il voltone da cui giriamo a destra; superata la finestra-porta di una antica bottega arriviamo alla rustica piazzetta con ciottolato bianco e nero su cui sorge la barocca chiesa di San Bernardo del 1797.
L'interno a pianta ellittica conserva a sinistra dell'altar maggiore una statua lignea del santo attribuita al Maragliano ed una anonima barocca tela "I Misteri del Rosario"; all'esterno corre lungo la facciata il sediletto in pietra nera che si ripete nel perimetro del sagrato fin sotto la loggia con fontanella ed affresco che la fronteggia.
Risaliamo la via sulla destra di chi esce dalla chiesa; seguendo la pavimentazione in cotto moderno prendiamo a sinistra per via Gioberti che ci porta al cinquecentesco oratorio dell'Annunziata, con sediletti in pietra sulla facciata e lungo il perimetro del piccolo sagrato.
Avviandoci alla sua destra incontriamo i ruderi di una casa medievale in abbandono su cui appoggia il sovrastante abbeveratoio in pietra; proseguendo sulla sinistra aggiriamo l'abside finché arriviamo ai piedi della scaletta che la risale; chi vuole può andar su a sbirciare dai buchi della porta lo spoglio interno della costruzione.
Tornati alla piazza della chiesa imbocchiamo a destra via XXV Aprile per andare a vedere il grande lavatoio rettangolare fronteggiato da una casa medievale con altana, da cui torniamo all'auto.
Chi vuol salire a monte dell'abitato troverà i ruderi di una torre di avvistamento del Quattrocento, mentre presso il camposanto potrà vedere i pochi resti della chiesetta di San Siro.
Ripresa l'auto scendiamo lungo la provinciale prendendo poi a destra la deviazione che ci porta a Torre Paponi. Il paese fu duramente provato nell'ultima guerra dalla ferocia nazista. Le vittime di tale ferocia sono ricordate dal grande monumento all'inizio dell'abitato e nelle lapidi nel borgo.
Superata la "Casa della Lavanda" arriviamo al parcheggio da cui saliamo a piedi lasciando a sinistra i ruderi con loggiato; prendendo a destra sotto il voltone di via Tasso troviamo, appoggiato al muro di sinistra, il massiccio monolite che fungeva da base ad un torchio.
Risalendo ancora arriviamo alla piazzetta ciottolata su cui sorge la chiesa dei Santi Cosma e Damiano del 1613 che conserva il campanile di una costruzione più antica; all'interno c'è una anonima tela "I Misteri del Rosario" e, ai lati dell'altar maggiore, le statue lignee dei due santi attribuite naturalmente al Maragliano.
Di fronte sorge il coevo oratorio dell'Annunciazione affrescato in facciata, con le pareti interne completamente occupate da scranni in legno intagliato; chiesa ed oratorio hanno sul frontale le panchette in pietra che, com'è tipico del comprensorio, proseguono lungo tutto il perimetro del sagrato.
Il paese fu duramente provato nell'ultima guerra dalla ferocia nazista le cui vittime sono ricordate dal grande monumento all'inizio dell'abitato e dalle lapidi nel borgo.
La chiesa conserva le strutture romanico gotiche originarie ripetutamente ritoccate poi fino al Seicento.
Nella facciata a capanna si apre il portale ad arco ogivale in grandi conci di pietra scolpito nella chiave di volta con un rozzo Agnus, mentre la porta a sinistra ha come architrave un nudo monolite irregolare; il basso campanile decorato con archetti pensili, monofora e gli stemmi dei conti di Lengueglia è originario solo nella sua parte più bassa: la guglia fu rifatta nel Seicento.
L'interno è ben visibile dal cancello in facciata: originariamente a navata unica coperta a capriate, l'edificio è stato poi ampliato con l'aggiunta delle due navate laterali con volte a crociera rette quella a sinistra da massicci pilastri quadrati e l'altra da basse colonne in pietra una delle quali, sostituita da un pilastro, è finita isolata sul sagrato a proteggere l'edificio col suo capitello scolpito con Trigramma al centro e maghi-custode agli spigoli.
Il muretto centrale che delimita lo spazio riservato ai catecumeni era ricoperto da cinquecentesche mattonelle in maiolica spagnola poi asportate; originaria è la parte di pavimento in lastroni di pietra, così come il massiccio monolitico fonte battesimale ottagonale a sinistra dell'ingresso e l'architrave in pietra nera scolpito con un quattrocentesco "Ecce Homo" sulla porta interna che immette al campanile.
Tornati alla provinciale continuiamo a scendere fino al bivio per Lingueglietta.