La preistoria

Toirano - Grotta di Santa Lucia - Orma fossilizzata dell'Uomo di Neanderthal
Toirano - Grotta di Santa Lucia - Orma fossilizzata dell'Uomo di Neanderthal

I Liguri di Ponente sono una delle popolazioni autoctone tra le più antiche d'Europa. I ritrovamenti di Vallonnet presso Mentone testimoniano che, già quasi un milione di anni fa, l'Homo Erectus - che ancora presentava tratti scimmieschi  - viveva in quest'area del Mediterraneo.

Usava sassi resi taglienti (selci) e pezzi d'osso sbrecciati sia per uccidere (e poi mangiare) cervi, stambecchi, linci, lupi e roditori che popolavano la selva, sia per difendersi dai predatori che a loro volta se ne volevano cibare (e non erano pochi), minacciando così di indirizzare in tutt'altro senso l'evoluzione umana.

L'intelligenza prevale su qualunque artiglio: quel primo ominide ligure sopravvive e si evolve qui, circa duecentocinquantamila anni fa, nel tipo razziale che lascia testimonianza di sé alla Grotta del Principe ai Balzi Rossi di Ventimiglia (sono questi gli insediamenti più antichi trovati in Liguria) e quindi, circa centomila anni fa, nell'Uomo di Neanderthal che comincia veramente ad assomigliarci.

Presenti in tutto il Ponente(1), questi uomini vivono qui in gruppi socialmente organizzati, costruiscono capanne, seppelliscono i loro morti, utilizzano oggetti ornamentali e cacciano anche rinoceronti, orsi ed ippopotami, cui seguiranno nei periodi freddi marmotte, renne ed anche il mitico mammut (nel Paleolitico, i periodi di glaciazione si alternavano a periodi più caldi, per cui si avvicendavano animali come mammut e renne ad ippopotami, rinoceronti e grandi felini).

Gli attrezzi si fanno via via sempre più evoluti e differenziati, destinati ciascuno ad una funzione specifica: punte di freccia, asce, coltelli, raschiatoi, realizzati in osso o pietra scheggiata(2).

Poi, non si sa perché, improvvisamente l'Uomo di Neanderthal scompare circa 40.000 anni fa e, solo molto tempo dopo, si affaccia sulle nostre colline il suo successore: l'Homo di Cro-Magnon (36.000-10.000 anni fa) che lascia le sue tracce più significative, oggi in parte esposte nel Museo dell'Uomo a Parigi ed in parte nel museo locale, ai Balzi Rossi di Ventimiglia.

Su pareti di roccia sul mare si aprono qui caverne abitate dai liguri per oltre duecentomila anni, in epoche diverse - intervallate da sommergimenti marini – ciascuna delle quali ha lasciato le proprie testimonianze in strumenti, oggetti ornamentali, armi, celebri statuine-amuleto della Dea Madre (conosciute anche come "Veneri del Paleolitico", simbolo di fertilità e rappresentate nude, con vistosi seni e glutei) e scheletri di sepolture che hanno segnato una tappa fondamentale (“Uomo di Grimaldi”, un ibrido tra la razza del Nord Africa e quella di Cro-Magnon) nell'antropologia.

L'evoluzione prosegue per altri trentamila anni e siamo ormai alla vigilia dei giorni nostri; i ritrovamenti di reperti databili tra i diecimila ed i cinquemila anni fa a San Romolo, alla Mortola, a Triora, in Val Pennavaira, ad Albenga ed alle “Manie” di Finale Ligure testimoniano che il Sapiens Sapiens merita davvero questo attributo perché ha saputo compiere il salto determinante per l'avvio di ogni civiltà, concependo il rivoluzionario progetto di sostituire la primordiale economia di rapina del territorio con la più evoluta produzione dei beni.

Il suo rapporto con gli animali - da uccidere comunque perché da mangiare o a loro volta mangianti, secondo un istinto viscerale che ancor oggi nei più rozzi di noi inconsciamente sopravvive - diventa così più articolato: anziché rincorrere bistecche nei mille pericoli della selva, il Sapiens si inventa con l'allevamento un pratico self-service alimentare sempre a portata di mano, scopre l'agricoltura e da nomade diventa sedentario.

I ritrovamenti testimoniano appunto che già più di cinquemila anni fa i Liguri di Ponente coltivano queste colline a frumento, orzo e leguminose, facendosi aiutare da animali aggiogati; i più furbi hanno già il loro gregge di pecore e c'è già stato chi ha inventato la ceramica facendo felici le donne di casa con tutta una serie di suppellettili quali pignatte, tazze, vasi, ed anche ninnoli ed amuleti. C'è anche chi ha cominciato a tessere le fibre vegetali, rivoluzionando moda e abbigliamento.

Importantissima in questo periodo è soprattutto l'introduzione del sale come metodo di conservazione di carne e pesce.

Ma è comunque solo dopo il 2800 a.C., con le successive scoperte di rame, bronzo e ferro che i Liguri di Ponente avviano le prime vere società organizzate di cui realizzano sul mare i centri più significativi.

Del periodo che va da tremila anni fa sino all'epoca storica ci rimane fra l'altro la ricca quanto enigmatica “enciclopedia” di Monte Bego in Valle delle Meraviglie(3).

Sulle rocce levigate dai ghiacciai sono incisi circa cinquantamila graffiti, una sola parte dei quali facilmente decifrabile come figure viste in pianta di animali cornuti e scene di aratura, armi, strumenti, figure umane. Per moltissime incisioni invece, così come per i motivi che hanno spinto generazioni di uomini ad andare fin lassù a scalpellare le rocce di un'intera montagna, non esiste spiegazione se non forzata da una notevole dose di fantasia interpretativa che le ipotizza mappe di terreni, ex-voto rituali, conteggi dei capi di un gregge, contratti, calendari, giochi, carte celesti, “piani regolatori” di villaggi, testamenti, calcoli matematici, tentativi di alfabeto, espressioni di una pittura astratta e così via fantasticando, ciascuno è libero di dire la sua in attesa di qualcuno che sappia sciogliere il mistero.

Mentre il resto della Liguria viene influenzato dalle civiltà Villanoviana prima ed Etrusca poi, il ponente vive in una specie di isolamento fino al secolo VI a.C., complice anche la massiccia invasione dei Celti (che strappano ai Liguri il controllo della bassa Francia e parte della pianura padana, definendo in parte i confini della regione esistenti tuttora).

Con l'Età del Ferro, le innovazioni finalmente giungono anche nelle nostre zone.

Sviluppatasi particolarmente sui ricchi pascoli delle nostre montagne, la pratica dell'allevamento crea le prime forti tensioni fra le diverse tribù: le greggi sono una bella tentazione per tutti, ed ogni gruppo di pastori comincia quindi ben presto a costruire ripari in cui proteggerle.

Dal secolo V a.C., si sviluppano così in tutto il territorio montano gli insediamenti detti "castellari": recinti e rozze fortificazioni in pietra a secco di grosse dimensioni entro cui i pastori possono appunto ricoverare gli armenti e difenderli non solo dai loro vicini, ma soprattutto dalle incursioni dei Liguri costieri e degli altri uomini selvatici che trovano questa forma di caccia particolarmente interessante e redditizia.

Sui nostri monti specie all'estremo ponente (Colla Sgarba nell'area di Ventimiglia, Ciaixe in Val Bevera nella zona di Camporosso, Cima d'Aurin e Cima Tramontina a Dolceacqua, Monte Abelio nei pressi di Rocchetta Nervina, Monte Bignone alle spalle di Sanremo, ma anche al Castellareto di Cervo e su altri colli), ruderi di queste strutture restano ancor oggi a segnalarci i più arcaici insediamenti di questi Liguri montani.

Col trascorrere dei secoli, sulle posizioni tatticamente più rilevanti in vetta ai monti, i castellari si evolvono e si articolano in sistemi fortificati sempre più complessi, in vista l'uno dell'altro per consentirne il reciproco soccorso.

Dotati di torrioni e di una serie di mura concentriche, racchiudono sempre un'area considerevole su cui, in quelli più tardi, cominciano a sorgere le capanne dei primi villaggi fiancheggiate poi da campi coltivati.

Il primitivo insediamento saltuario legato alle esigenze pastorizie di cui parla Strabone evolve così gradatamente in centro abitato permanente, dotato non solo di strutture militari quali mura e fortificazioni, ma anche civili; sistema che fra l'altro costituirà il fulcro della resistenza ligure contro l'invasione romana e che, preludendo ormai alla città vera e propria, viene definito oppidum da Tito Livio negli ultimi libri dell'Ab Urbe condita là dove appunto tratta delle lunghe guerre combattute da Roma repubblicana contro i Liguri.

Ma di queste genti, che Plutarco (Aemilius) chiama Liguri Ligustini, ben poco ci è noto: come rileva lo storico tedesco Giorgio Niebuhr nella sua Storia Romana, “...la nazione dei Liguri è una di quelle cui la limitata estensione delle nostre storie non giunge”.

Strabone, geografo e storico greco, li definisce gente direttamente discendente dai cavernicoli; le donne non erano meno dure degli uomini(4) e come essi vivevano arando e zappando, anzi, “tagliando pietre”, scrive Possidonio.

Assai prima che i Romani riuscissero a soggiogare l'alta Italia, i castellari del Ponente ligure furono non solo villaggi di agricoltori, pastori e pescatori, ma anche civili: come ci ricorderà il memorialista padovano commentando la vittoria romana(5), fieri covi di praedatores e cioè pirati che, muovendosi su agili imbarcazioni, aggredivano il traffico marittimo tra l'Italia e la colonia greca di Massalia (Marsiglia)(6), abbordando le grandi navi onerarie che transitavano lungo la costa(7) cariche di merci particolarmente appetite da quelle selvatiche genti.


(1)Si sono avuti ritrovamenti a Finale, Toirano, Albenga, Bussana, Sanremo e Ventimiglia.

(2)Raccolti in significativa abbondanza in ogni area del Ponente, tali reperti sono oggi esposti nei musei preistorici dei Balzi Rossi a Ventimiglia, al Palazzo Borea d'Olmo di Sanremo, nel museo annesso alle grotte di Toirano ed in quello di Finalborgo nell'immediato entroterra di Finale Ligure. A Finale Ligure è degna di nota la grotta “Arene Candide”, in cui sono stati ritrovati i resti del cosiddetto “Giovane Principe” risalente a ventimila anni fa e dotato di un ricchissimo corredo funebre.

(3)Passata alla Francia nel 1947, la zona è raggiungibile da Ventimiglia e Borgo San Dalmazzo.

(4)La delicatezza dei Greci si meravigliò grandemente che una donna ligure, cui sopravvennero i dolori del parto mentre era a salario di un marsigliese, si scostasse un poco di là dove lavorava e, avendo partorito, tornasse all’opera (Possidon apud Strab. IV p. 114. Diodor. IV, 20). G. Micali: L’Italia avanti il dominio dei Romani, cap. 8 pag. 90.

(5)“... gubernatores nautaeque conquisti qui praedatores fuissent navibus atque omnes in custodiam conjecti”: furono cercati i comandanti e i marinai che con le loro navi facevano i pirati, e tutti furono catturati (T. Livio Ab. U. c. XL).

(6)I Greci di Marsiglia, qui giunti da Focea della Jonia durante il regno di Tarquinio il Vecchio (anno 600 .C.,cfr. Usserli, Annales pag. 67), riuscirono non poco molesti ai Liguri ai quali usurparono di qua dal Varo quel tratto di Riviera ove eressero le due colonie di Nizza e Monaco.

(7)Si vedano i relativi reperti nel Museo di Diano Marina, nel Museo Navale Romano di Albenga, al Museo dell’Olio Carli di Imperia, nel Museo Etnografico di Cervo e i “dolia”, giganteschi orci in terracotta già appartenenti ad una vera e propria nave-container romana il cui relitto giace al largo di Diano Marina, oggi esposti nel relativo palazzo municipale.