Itinerario Paesaggistico n. 6

Albenga - Aquila d'Arroscia
Cascata Rio Ferraia
Nasino - Alto - Caprauna - Albenga

Albenga - Via Julia Augusta - Alassio

Da Albenga, con la SS 453 si arriva ad Ortovero (km 11) e Pogli (km 13); poco oltre si entra nel territorio amministrativo della provincia di Imperia e si giunge a Borgo di Ranzo (km 16).

Proseguendo, si abbandona la SS e con la SP 14 si comincia a risalire l'assolata costa punteggiata di paesini e vigneti toccando le località di Caneto e Costa Parrocchia; al bivio successivo si abbandona la SP che è diretta a Leverone e si continua a salire con la SP 78 a Borgo Montà e poi ad Aquila d'Arroscia (km 25).

Si attraversa tutto il paese e poi, mantenendosi a sinistra ai numerosi bivi si raggiunge nuovamente la SP, dove - sempre a sinistra - per un'ultima volta si percorrono un centinaio di metri prima di immettersi (bivio a destra) nella stradetta diretta al Colle di San Giacomo (m 755 - km 28) valico che mette in comunicazione la Valle Arroscia appena risalita con la Val Pennavaire.

Sul colle, in posizione panoramica, sorge la chiesetta dedicata a San Giacomo con a lato una stradella che in 15 minuti circa porta nei pressi delle evidenti rovine del Castello dell'Aquila (m 827) che si raggiungono per sentiero.

Si prosegue ora sul versante della Val Pennavaire, salendo leggermente fino a trovare una diramazione sterrata che si stacca a destra (km 32- m 830 circa).

Escursione alla Cascata del Rio Ferraia
(trekking)

Si abbandona la strada asfaltata ed imboccando a destra la sterrata si scende con due tornanti nel bosco, si raggiunge la Diga del Ferraia (quota 780 metri circa) ed il lago, poco visibile nella vegetazione. La stradella si riduce ulteriormente nella sua discesa accanto al Rio Ferraia.

Si imbocca il piccolo tunnel dell'acquedotto, lungo poco più di una cinquantina di metri (utile ma non indispensabile una pila), dove si può incontrare la rara Salamandra Ocellata.

Appena fuori dal tunnel, la cascata è già visibile e si raggiunge in 10 minuti di cammino.

L'acqua cade da un'altezza di circa 25 metri e alla base forma un piccolo laghetto ma, poiché è situata più a valle rispetto alla diga, nei periodi di siccità può rimanere a secco perché tutta l'acqua disponibile viene convogliata nelle condotte forzate.

Nei pressi della cascata, un sentierino conduce all'ampia "Arma do Cupà", una grotta in cui sono stati trovati resti umani e di animali preistorici e dove, al centro, si erge una tozza stalagmite parzialmente modellata in tempi preistorici in omaggio al dio della fertilità, avente la forma di un fallo.

Il ritorno avviene per il medesimo itinerario dell'andata (2 ore).

Risaliti in auto, quasi subito la strada si trasforma in un buon sterrato che passa sul versante opposto della valle incisa dal Rio Ferraia e, continuando a mezza costa con alcuni saliscendi, scende a varcare il Torrente Pennavaire a quota 830 metri circa per risalire ed immettersi a valle di Caprauna (a quota 900 metri circa) nella strada asfaltata SP 107 che scende ad Alto (m 660 - km 44). Sulla piazza del paese prospetta la massiccia mole del duecentesco Castello dei Cepollini.

Da Alto, scendendo per la Val Pennavaire - sempre per la via principale (che nel frattempo è diventata SP14) e mantenendosi sempre nel fondovalle - passando i comuni di Nasino e Castelbianco si giunge alla confluenza col Neva dove si svolta a destra. Con la più importante SP 582 del Colle San Bernardo, percorrendo la vasta piana, si ritorna ad Albenga (km 72).

La Via Julia Augusta
(trekking)

La via Julia Augusta fu costruita all'epoca dell'Imperatore Cesare Ottaviano Augusto tra il 13 ed il 12 a.C. per collegare Roma alla Gallia Meridionale (anche se è probabile che altri percorsi già esistessero).

La nuova strada collegava Vada Sabatia (Vado) a La Turbia in Provenza, dove sorge il maestoso monumento eretto nel 76 a.C. per celebrare la "pacificazione" sulle numerose tribù dei Ligures.

In seguito, la via fu prolungata fino ad Arelate (Arles), per collegarsi alla via Domitia (via Domizia) proveniente dalla Spagna (itinerario che già esisteva da oltre 100 anni).

Si completava finalmente, con il definitivo assoggettamento delle genti liguri, un itinerario che - partendo da Roma con la via Aurelia - proseguiva con la Via Julia Augusta e terminava con la via Domizia in Spagna.

Altri imperatori, tra cui Caracalla, si occuparono del rifacimento della strada romana che è stata l'unica via di comunicazione di terra che attraversava il Ponente Ligure fino al primo Ottocento, quando Napoleone prima ed i Savoia poi iniziarono e completarono la strada litoranea (l'attuale via Aurelia).

È evidente, quindi, quanto numerosi devono essere stati gli interventi di manutenzione della strada nell'arco di oltre 2 millenni.

Dell'antico tracciato restano ben poche tracce, più consistenti nel finalese dove restano - nella zona dei famosi "ponti romani" tra cui l'intatto e splendido Ponte delle Fate - tratti della via Julia Augusta che mostrano sulla viva roccia i solchi scavati dalle ruote ferrate dei carri; altrove, come appunto ad Albenga e ad Alassio o nei pressi della Mortola (Ventimiglia), vi sono alcuni brevi tratti che, probabilmente, sono solo accurati rifacimenti medioevali dell'antica via.

La via Julia Augusta, nello splendido tratto tra Alassio ed Albenga, costituisce un percorso storico naturalistico tra i più suggestivi della Liguria; si sviluppa a mezzacosta, intorno ai 100 m di quota, è di facile percorribilità e mette in mostra i colori tipici della macchia mediterranea.

Le vestigia della necropoli dell'età imperiale lungo il percorso testimoniano l'importanza e la ricchezza della romana Albingaunum.

Lungo tutto il percorso ci accompagna la visione dell'inconfondibile sagoma dell'isola Gallinara, così chiamata già in epoca romana per la presenza di galline selvatiche.

L' itinerario
(trekking)

Dal centro di Albenga in direzione Alassio, da Piazza del Popolo si attraversa il ponte sul Centa per Via Piave. Alla rotonda, si svolta a destra in Via San Calogero di cui si percorrono poche decine di metri per imboccare a sinistra una strada in salita che porta in località Monti.

Percorsi pochi passi a sinistra, un cartello indicatore con segnavia quadrato rosso indica la via da seguire. Dopo alcune centinaia di metri, si incontra "il Pilone", monumento funerario in passato erroneamente ritenuto il faro del sottostante porto romano di Vadino (qui ripreso dal Sentiero dell'Onda). L'ubicazione non è però accettata da tutti gli studiosi; per alcuni potrebbe essere più a est e più vicino alla foce del Centa.

Sempre procedendo in salita si raggiunge un pianoro dove si trovano, appena affioranti dal terreno, i pochi resti dell'Anfiteatro Romano e tutta una serie di resti archeologici, essenzialmente tombe di famiglia, ottimamente spiegati da pannelli illustrativi.

Tra queste, per imponenza, spicca l'edificio F, tomba familiare della fine del I° secolo d.C. con all'interno un muro di contenimento in cui erano ricavate le sepolture.

L'edificio è foderato da un rivestimento in blocchetti squadrati di pietra, secondo una tecnica largamente diffusa nella vicina Gallia (petit appareil) e contraddistinto da una vivace quanto singolare decorazione ottenuta sfruttando il diverso colore dei blocchetti.

Poco oltre si presenta un'altra serie di rovine, tra cui l'edificio (D) relativo ai resti di una grande tomba familiare anch'essa del I° secolo d.C.

Volgendo lo sguardo a est si ha una bella visione della ancora vicina Albenga con, in lontananza, il Promontorio della Caprazoppa.

Oltrepassati altri resti sempre diligentemente descritti da pannelli informativi, dopo un quarto d'ora si cammina sul tratto di strada - portato alla luce nel 1937 ed interpretato da Nino Lamboglia, massimo divulgatore delle cose di Liguria - come l'unico conservato della via Julia antica nella zona; oggi, si ritiene che questo lastricato sia riferibile al periodo medioevale e costituisca uno dei molti rifacimenti attuati nel corso dei secoli.

Da questo punto in poi, l'itinerario offre prevalentemente valori ambientali.

Si sale leggermente per qualche centinaio di metri fino ad un cartello che costringe ad una deviazione a causa di una frana sul percorso originario (peraltro facilmente superabile, ma noi siamo bravi cittadini e ci atteniamo alle prescrizioni).

La deviazione ci costringe ad una fatica supplementare perché ci porta in località Canelli fino ad una quota di 200 metri ed allunga il percorso di una mezz'oretta; in compenso, la vista si amplia bellissima su Albenga dove in primo piano a destra si può notare l'ansa di Vadino e, più lontano, il biancheggiare delle case di Loano e Pietra Ligure fino alla Caprazoppa e tutto l'arco della Riviera.

Vicino, con la sua caratteristica forma di una chiocciola, l'isola Gallinara. È curioso come quest'isoletta, poco più grande di uno scoglio, porti il peso di una storia tanto importante.

Sembra ormai storicamente accertato che sull'isola riparasse San Martino, vescovo di Tours, che vi condusse vita da eremita per 4 anni dal 357 al 361; successivamente, l'isola vide il sorgere di una comunità monastica, poi benedettina, che tra il X e il XII secolo toccò l'apice della prosperità acquisendo, grazie a numerose ed importanti donazioni, grandi proprietà nel Ponente Ligure ed addirittura in Francia ed in Spagna. Seguì un lento, ma inarrestabile declino; l'isola passò in proprietà alla Diocesi di Albenga che la vendette a privati nel 1867; e tale rimane al giorno d'oggi anche se inserita dalla Regione Liguria nel sistema delle aree protette.

Dalla via Julia si possono individuare la cinquecentesca torre genovese, il palazzo padronale - più volte ampliato e rimaneggiato e che ha inglobato i resti dell'antico monastero - ed, infine, la novecentesca minuscola chiesetta edificata in stile neogotico.

Sempre su strada asfaltata incominciamo a scendere per la lunga via Giorgio Byron tra uliveti e belle villette fino a immetterci nel percorso originario ed in circa 10 minuti giungiamo alla Chiesa di Sant'Anna ai Monti. La tradizione vuole che si tratti di una chiesa antichissima - addirittura edificata prima del Mille - e che fosse la prima chiesa di Alassio prima ancora della Chiesetta di Santa Croce che incontreremo tra poco. In realtà non ci sono elementi certi sulla sua fondazione. Di certo ha subito vari rimaneggiamenti; dal XVII secolo è stata adibita ad uso agricolo ed è stata radicalmente restaurata solo negli anni Settanta del Novecento. Oggi sono ancora visibili parti di affreschi di fine Quattrocento, ma il tutto versa nuovamente in stato di abbandono.

In basso, ormai in prossimità di Capo Santa Croce, la vista spazia bellissima su Punta Murena, sull'ansa che costituiva l'antico porto romano (ora occupato dal celebre Baba Beach) ed infine sull'abitato di Albenga che si estende fino a Capo Lena alla foce del Centa.

Volgendo lo sguardo ad ovest si può osservare il Capo Mele che si protende verso il mare aperto; più vicino, il Capo Santa Croce con il porto turistico di Alassio realizzato intorno agli anni '50, con la caratteristica Cappelletta eretta nel 1929 in memoria dei caduti in mare alla base della scogliera.

Ancora pochi passi e - ad un quarto d'ora di cammino da Sant'Anna, passando sotto l'arco in pietra che lo scrittore Cecil Roberts definì "Il portale del paradiso" - arriviamo alla chiesetta di Santa Croce menzionata per la prima volta in una bolla di Papa Alessandro III del 1169 come priorato appartenente al monastero benedettino dell'isola Gallinara. Della costruzione originaria restano l'abside ed il fianco sinistro, caratterizzato dalla presenza di archetti binati separati da paraste, elementi tipici dell'architettura dei benedettini di quel periodo, mentre il porticato antistante risale al Cinquecento. Nei secoli successivi andò in rovina e solo negli anni Settanta del Novecento la chiesa fu restaurata e riaperta al culto. Molto radicata negli Alassini l'usanza di sposarsi in questa chiesetta.

Il panorama che si gode dal belvedere situato pochi metri sotto la chiesetta è eccezionale. Nelle giornate limpide abbraccia a est tutta la costa che delimita il Golfo Ligure mentre a ovest è limitato dall'imponente mole di Capo Mele.

Si conclude così la passeggiata archeologica. Non ci resta che scendere per Strada Romana di Santa Croce e prendere l'autobus per il ritorno ad Albenga.

In totale sono circa 7 km (di cui almeno 1,5 dovuti alla deviazione a causa della frana, che si spera verrà sistemata in un prossimo futuro), percorribili in tutta tranquillità in 2 ore e mezzo, massimo 3 ore.