Cervo

Altitudine: m 66 s.l.m.

Superficie: km2 4

Distanza da Imperia: km 12

Abitanti: nel 1881 951 - al 2017 1160

Festa patronale: 24 giugno - San Giovanni

Informazioni: Comune tel. 0183 406462


La conquista romana è avvenuta nel 181 a.C.

La felice posizione strategica del luogo induce i Romani ad istituire qui una mansio che prende, non si sa perché, il nome di "Servo", dalla cui corruzione salta fuori il "Cervo" attuale.

Negli anni successivi alla conquista longobarda della Liguria, attuata da re Rotari nel corso del 643, i pochi abitanti superstiti fuggirono sulle alture, dove si riorganizzarono in un complesso fortificato facilmente difendibile, che avrebbe costituito il primo nucleo del castrum.

Attorno al Millecento il borgo passa in feudo ai marchesi di Clavesana che vi costruiscono il loro castello; nel 1204 i cervesi si emancipano con la forza da Diano Castello ed eleggono i loro Consoli sotto la protezione di Genova che nel 1330 la assegna in feudo ai Cavalieri di Rodi, che la vendono l'anno dopo al marchese Lazzaro Doria.

Nel 1336 arriva il marchese Enrico Del Carretto che attacca Cervo e la conquista per quasi cinquant'anni, finché (1384) non sarà sconfitto e fatto prigioniero da Genova.

Da allora Cervo rimane definitivamente sotto la Superba cui sarà sempre fedele.

Sul mare i cervesi hanno scritto tanta parte della loro storia; parteciperanno anche, con "... due nocchieri, venti soprassaglienti e balestrieri, e quaranta vogatori" alla battaglia navale della Meloria in cui nel 1284 Genova stronca la rivale Repubblica di Pisa.

Oltre che come marinai molti cervesi si specializzano nella pesca del corallo, che nel Quattrocento spinge le "coralline" barche cervesi fin sulle coste tunisine e nei secoli successivi sui più redditizi banchi di Corsica e di Sardegna.

Nonostante il reddito del corallo pescato potesse considerarsi cospicuo vista la normativa vigente che presupponeva la consegna del pescato a Genova, Cervo non sviluppo mai una possibile industria orafa.

Visita al Borgo

Al borgo medievale si arriva in auto lasciando la via Aurelia all'incrocio con via Solitario delle Alpi che in meno di un chilometro porta alla piazza pedonalizzata di piazza Castello.

Fondata sulla nuda roccia qui sorge la costruzione più significativa del borgo, il castello appunto, che ne riassume due millenni di storia.

Da piazza Castello è ben visibile, sul lato ponentino della massiccia costruzione, la quadrata possente torre originaria, edificata in conci ben squadrati; attorno al Millecento le viene costruita accanto la fortezza che la ingloba utilizzandola come cisterna.

Ai primi del Seicento, drasticamente ridimensionato il pericolo turco barbaresco grazie alla battaglia di Lepanto (1571), la costruzione affianca all'uso militare quello religioso: sventrata dal tetto al pavimento viene adibita ad oratorio dei disciplinanti di S. Caterina, santa di cui tuttora conserva il seicentesco affresco nella volta del salone superiore.

Dopo l'inaugurazione (1736) della grandiosa chiesa di S. Giovanni, questa costruzione torna all'uso esclusivamente civile, destinata a nuova e più funzionale sede dell'antico ospitale che opera in Cervo fin dal 1330, quando vi era stato fondato dai Cavalieri di Rodi nel brevissimo periodo del loro feudo cervese; subisce quindi l'ultimo rifacimento che la ristruttura internamente su due piani.

Sommariamente restaurata nel 1980, è sede oggi dell'ufficio informazioni turistiche e del polo museale che comprende la mostra permanente "donne di Liguria" e del ricco Museo Etnografico del Ponente Ligure che ricostruisce fasi della vita domestica, agricola e marinara del secolo scorso; numerosi attrezzi e suppellettili del tempo arredano le varie sale, in cui manichini in grandezza naturale e in costume d'epoca ricreano un suggestivo spaccato di vita vissuta.

La parete nord del castello è continuata sui due lati dalle massicce mura del Cinquecento che ripiegano poi sui due lati verso il mare per offrire, a levante e a ponente, gli accessi al borgo rispettivamente attraverso Porta S. Caterina "u garbu" e scendere poi, intervallate da torrioni difensivi, fino alla Porta Canarda protetta dal Bastione, a levante, ed alla Porta Marina difesa dalla torre inglobata in una casa, a ponente; nei secoli successivi, per accogliere via via al suo interno le nuove case, la cerchia delle mura si allargherà ripetutamente in semicerchi concentrici verso il mare.

Usciti dal castello, andiamo a sinistra scendendo la breve gradonata per osservare Porta S. Caterina e la cerchia delle mura cinquecentesche a levante: quindi torniamo sui nostri passi e riattraversata la piazza prendiamo a destra sotto il voltone.

Percorso un breve tratto all'interno delle mura su cui si apre in alto a destra una feritoia da archibugio sbocchiamo attraverso il Varco Bondai sullo spiazzo con vista sul golfo dianese; da qui vediamo le mura proseguire ininterrotte, fortificate da un torrione, a cingere il borgo su tutto il fianco di ponente. La chiesa di S. Giorgio di Cappadocia che vediamo in basso su di un poggio ha rivelato nelle fondazioni ruderi che supportano l'ipotesi di una sua originaria costruzione su di un tempio pagano di pianta circolare; abbandonata nel Quattrocento perché troppo esposta agli attacchi dei turchi barbareschi venne ceduta nel Seicento ai frati Agostiniani che la ricostruirono in stile vagamente moresco intitolandola a S. Nicola da Tolentino e realizzando nei pressi anche un convento oggi scomparso.

All'interno delle mura la ripida discesa di via Romana ricalca l'originaria via Iulia Augusta: qui iniziò duemila anni fa lo sviluppo del paese.

Ne percorriamo una trentina di metri saliamo la gradonata a sinistra e voltiamo poi subito a destra fra due giardini; da qui a levante corrono numerose vie parallele alla via Romana che tutte uniscono il castello, fulcro della vita civile, all'oratorio allora chiesa fulcro di quella religiosa.

Per entrare nel cuore della Cervo medievale inoltriamoci nel fosco Vico delle Rose con i suoi portali ogivali in schietta pietra da taglio.

Largo un metro e mezzo e in gran parte coperto dai costruttori del tempo alla disperata ricerca di spazio, il vicolo corre immediatamente all'interno della prima cerchia di mura antecedente il Mille, in cui si aprono a ponente due finestrelle quadrate a proporre inaspettati luminosi squarci panoramici sul dianese; al termine del vicolo siamo di fronte alla facciata dell'oratorio di S. Caterina, costruito attorno al Millecento nel punto allora più meridionale del borgo.

Classico esempio di schietta struttura romanica, la costruzione era in origine a croce latina con due cappelle laterali.

Le due pareti laterali sono traforate ciascuna da tre alte monofore strombate; il nudo portale, sormontato da un alto oculo strombato ha ai lati due colonnine senza base di epoca assai anteriore con intagliato nel capitello di destra un mago-custode.

Spostandoci di pochi passi a destra possiamo vedere l'elegante portale in pietra nera scolpita della cappella Salineri; adiacente alla cappella c'è, quasi irriconoscibile perché inglobata nella palazzata, la torre quadrangolare con portale in pietra ad arco ogivale che difendeva la sottostante (in corrispondenza dell'archivolto) Porta Marina, più antica via di accesso dal mare all'abitato attraverso la prima cerchia di mura del borgo.

L'omologa cappella sul lato opposto dell'oratorio fu invece demolita (ne sono ancora visibili le tracce barocche sul muro esterno) nel Settecento per realizzare il vicolo che ci porta all'ingresso laterale, ai piedi del campanile d'epoca seicentesca.

L'interno è di proporzioni basate sul modulo quadrato: la pianta è costituita da tre quadrati perfetti e quadrata è anche la sezione in alzato.

La costruzione, a navata unica, fu in origine la chiesa parrocchiale del borgo intitolata a S. Giovanni; nel Cinquecento venne dedicata a San Giorgio, di cui conserva un affresco.

Modificata in epoca barocca, nel 1965 è stata riportata alla nuda pietra originaria col recupero della copertura a capriate e l'eliminazione di sovrastrutture ed intonaci barocchi, lasciati solo nell'abside di problematica ricostruzione e sulla parete destra che conserva anonimi affreschi del Quattrocento.

Usciti dall'oratorio, anziché farci attrarre dallo scorcio della barocca parrocchiale che ci domina, scendiamo, sulla destra e subito dopo, in corrispondenza del portale in ardesia del Palazzo dei Vento sotto gli spalti delle mura cinquecentesche, andiamo ancora a destra; in fondo, sotto il voltone a destra dove già si apriva la Porta Marina più antica, possiamo risalire di qualche passo per osservare a destra integra nella sua parte inferiore la torre che la difendeva ed il contrapposto settecentesco "Palazzo del pulìn" ("del pulcino"); da qui scendiamo allo slargo con vista sul mare e prendiamo a destra, arrivando sotto l'articolato archivolto con fontanella dove sbocca la via Romana, che avevamo lasciato al varco Bondai.

Il tracciato originario della via Augusta continuava a scendere lungo la gradonata passando a fianco del seicentesco Palazzo Morchio, attuale sede municipale, per uscire poi dal borgo murato attraverso la settecentesca Porta Bondai.

Da qui torniamo sui nostri passi e raggiunto lo slargo con grandi ficus proseguiamo sotto il porticato del bar ristorante al termine del quale prendiamo a destra la breve discesa che ci porta al Bastione, cinquecentesco fortilizio recentemente restaurato ed utilizzato per mostre ed eventi da cui le artiglierie potevano battere tutto il braccio di mare antistante l'abitato.

Usciti dal borgo attraverso la vicina Porta Canarda possiamo vedere la cerchia delle mura che risale fino a Porta S. Caterina per congiungersi quindi al castello; verso ponente le mura proseguivano fino a Porta Marina da cui risalivano a concludere senza soluzione di continuità la cinta difensiva.

Tornati indietro di trenta metri imbocchiamo via Matteotti verso destra; percorsa un'altra cinquantina di metri a levante risaliamo a sinistra la gradonata di via 11 febbraio che ci porta sulla piazzetta sagrato dell'imponente chiesa di S. Giovanni Battista, iniziata nel 1686 e terminata nel 1734; il campanile è del 1778.

La chiesa, progettata dall'architetto Marvaldi di Candeasco, domina un ampio braccio di mare con effetto scenografico particolarmente suggestivo; è considerata il più importante monumento barocco nel ponente ligure.

La facciata è convessa, decorata in tenui colori verde, giallo e rosa; l'interno, a navata unica, conserva un seicentesco crocifisso di Anton Maria Maragliano, il pulpito in marmo col cinquecentesco bassorilievo "La Pietà", il quattrocentesco marmoreo armadietto per l'Olio Santo e, in una nicchia a destra, il seicentesco gruppo ligneo "Famiglia di S. Giovanni" di Marcantonio Poggio.

Usciti dalla chiesa saliamo la gradinata a monte in corrispondenza dell'edicola dedicata alla Vergine inoltrandoci in via Grimaldi Salineri.

Lungo la via arcaici portali in pietra ad arco ogivale si succedono ad architravi monolitici, alternati da secolari piante di vite che vanno a porgere i loro grappoli venti metri più in alto sulle altane; al 22-24 si trovavano le prigioni del borgo (la via è detta ancor oggi "Caruggiu da galea") di cui è rimasta la facciata in pietra squadrata e le mensole in pietra a sostegno delle scomparse caditoie.

Numerosi sono in paese i palazzotti padronali del Sei-Settecento.

Tornati all'auto, scendendo per Via Solitario delle Alpi al bivio per il Poggio si va a destra e al vertice della salita si prende a piedi il sentiero a destra presso la grande cisterna cilindrica dell'acqua; dopo duecento metri si trova la rustica chiesa di San Giuseppe con porticato e sedili in pietra, presso i ruderi della Borgata Villavé.