Altitudine: m 563 s.l.m.
Superficie: km2 37
Distanza da Imperia: km 30
Abitanti:
- nel 1881 1939
- al 2017 315
Festa patronale: 11 Novembre - San Martino
Informazioni: Comune tel. 0183 34015
Prima di Rezzo, si trova la deviazione per Lavina.
Il toponimo "Lavina" sembra derivi dal ricordo di una grande frana che avrebbe provocato l'abbandono di un primitivo villaggio situato in posizione più elevata presso le rovine della chiesa della Maddalena, anche se altre fonti hanno tramandato la notizia che questo insediamento sia stato distrutto dalle truppe provenzali nel 1270 e ricostruito in seguito a fondovalle presso il ponte che attraversa il Torrente Arroscia.
Lavina è il paese più antico della valle e ha dato il nome al torrente che si chiama Lavina dal Pizzo alla Saponiera. Uno storico lo chiama invece torrente Cenova mentre oggi i geografi più spicci lo indicano col nome di Giara di Rezzo perché Rezzo è il paese principale.
All'inizio, soltanto Lavina era parrocchia e i battesimi e sepolture si facevano nella Chiesa che era Santa Maria Maddalena.
Nel 1331 poi si sa che c'era a Lavina una cappella oratorio di S. Antonio Abate costruito poco prima sita sul luogo dove sarebbe stata costruita l'attuale chiesa. Dunque, Lavina venne fabbricata sul luogo attuale.
Attualmente Lavina aveva un castello del quale si indica ancora il sito e apparteneva ai Conti di Ventimiglia che erano padroni della Castellania di Aurigo. Di pregevole esiste tutt'ora il giardino botanico di Silvia De Canis, visitabile previa telefonata alla proprietaria.
Quindi ritornati sulla provinciale 18 prendiamo sulla destra per Cenova.
Il borgo da sempre soggetto ai Savoia attraverso i feudatari marchesi del Maro è noto per aver dato vita ad una attivissima corporazione di lapicidi, abili intagliatori di pietra che hanno decorato le facciate di molte fra le più belle chiese della provincia ed arricchito di bassorilievi gli architravi delle più ricche residenze signorili del tempo; gli esemplari più arcaici delle loro opere risalgono a prima del Trecento, ma è soprattutto nel Quattrocento e nel secolo successivo che la loro attività si espande praticamente in tutti i centri del Ponente, per tramontare poi con l'avvento del barocco che alla nuda pietra intagliata preferisce stucchi e colori.
A testimoniare le loro capacità restano in paese numerosi architravi in bassorilievo; alcuni dei più belli però sono stati ormai rimossi dai portali delle case e venduti.
Visita al Borgo
Parcheggiata l'auto all'inizio del paese sul sagrato entriamo nella chiesa di San Giovanni, costruita nel Quattrocento e rifatta poi in barocco conservando l'arcaico tetto a "ciappe".
Nella bussola d'ingresso alziamo gli occhi alla volta dove c'è un primo esempio dell'opera dei lapicidi, una lapide intagliata a Trigramma.
In chiesa sono conservati a sinistra il polittico "Storie della vita di Sant'Antonio da Padova" e a destra la tela "Santa Caterina" entrambi anonimi, in grandi e massicce cornici lignee cinquecentesche riccamente intagliate a tempietto; a sinistra dell'altare maggiore c'è l'anonimo polittico con fondo in oro "Madonna con Bambino e Santi".
Nella sacrestia sono murate due splendide lapidi: la prima del 1486 intagliata a Trigramma fra ricchissimi delicati motivi floreali; la seconda con scritta "ARMA RDOR 1578 Scultore di essa Pietro Valencio de Ceno(va)" riproduce una finissima testa del Cristo ed elementi della Passione (i trentatrè denari, mantello, tenaglie ecc.) sormontati da un gallo e contornati da accurate decorazioni.
Usciti dalla chiesa riattraversiamo il sagrato che conserva agli angoli bei rocchi di colonna della chiesa originaria e prendiamo la bassa stradina a sinistra; superato sulla destra il portale con scalinata semicircolare e l'altro del 1555 finemente intagliato, possiamo arrivare fin oltre il voltone dove c'è a destra un sovrapporta monolitico a lunetta.
Tornati indietro fino allo slargo con fontanella decorata da scudo araldico, saliamo a destra la rampa in cemento, sulla cui casa al 24 si apre il portale dall'architrave splendidamente intagliato nella faccia inferiore con Agnus al centro e fiori ai lati; per vederlo andiamo fin sotto l'architrave e alziamo gli occhi.
Se proseguiamo seguendo le indicazioni per il ristorante e usciamo dal borgo, troviamo la chiesetta della Madonna che conserva murata all'interno una scultura su ardesia che riproduce una figura femminile elegantemente vestita, riutilizzata quale base di un'acquasantiera; se invece prendiamo a sinistra, passiamo sotto il voltone proseguendo poi lungo la breve rampa a destra fronteggiata dalla casa medievale con finestre in pietra ad arco ogivale ed architrave con raro intaglio che prosegue dalla faccia inferiore a quella anteriore.
Avanzare lungo questa rampa è come procedere nel tempo, trasferendoci da queste testimonianze di trascorsa agiatezza alla desolazione dei nostri giorni, drammaticamente illustrata dalle case abbandonate del borgo, a sinistro presagio di come il paese potrà diventare se la tendenza non si inverte.
Tornati sulla via principale proseguiamo notando in fondo a vico Piave che si stacca alla nostra sinistra un altro architrave intagliato ed arriviamo all'ampia Loggia Municipale, sul cui frontone è murata la lapide che ricorda l'istituzione di Genova.
Prendiamo la rampa sulla destra che ci presenta di fronte un massiccio portale in pietra liscia e a destra un gigantesco architrave scolpito a Trigramma seguito da un altro monolitico a lunetta; salendo la gradinata superiamo a destra l'architrave con Trigramma capovolto e passiamo poi a fianco dell'arcaica abitazione che conserva ancora sulla parete esterna le "ciappe" forate che sostenevano i pali del pergolato del terrazzo ora scomparso.
Arrivati all'edicola svoltiamo a sinistra e poi ancora a sinistra lungo la stradina asfaltata in cui fatti pochi passi troviamo sopra la finestra a sinistra lo splendido architrave intagliato con le teste del lupo e della volpe in pieno rilievo; procediamo quindi tra le case arcaiche dai muri in pietra quasi a secco e tetti a "ciappe" e scendiamo allo slargo su cui fronteggiato dal lavatoio sorge l'oratorio di San Giovanni Battista, con affresco nel sovrapporta e meridiana sul fianco.
Da qui scendiamo lungo la rampa asfaltata superando a destra i due portali in pietra liscia ora murati; sboccati nello slargo della loggia scendiamo a destra e passando accanto all'architrave con la scritta "HOC OP(U)S FACTU(M) FUIT TEMPORE I A H FR M 1555" arriviamo al sagrato della chiesa da cui all'auto.
Sulla provinciale prendiamo a destra raggiungendo dopo poche curve l'abitato di Rezzo.
Arrivando in auto proseguiamo oltre l'abitato fino ad incontrare la deviazione sulla destra che in tre chilometri ci porta allo spiazzo erboso con fontanella circondato dal bosco su cui sorge il romanico Santuario della Madonna Bambina, eretto nel 1444.
La facciata è decorata da un rosone, completato da archi e colonne, realizzato in un unico blocco di pietra; nel Settecento venne aggiunto il portico che la precede, retto da tre esili colonne di recupero in pietra montate su basamenti in muratura per raggiungere l'altezza necessaria.
Il portale è in pietra liscia, con architrave decorato dal Trigramma che compare anche sul tondo murato nella volta del portico; sul fianco sinistro della costruzione, preceduto da una scalinata semicircolare e protetto da tettuccio su mensole in pietra, si apre il portale con architrave monolitico scolpito con Agnus iscritto in un tondo.
Nel Cinquecento, sotto l'incubo delle incursioni saracene, di fronte all'abside venne realizzato il torrione semicircolare che, assieme alle strette feritoie che il campanile in pietra punta verso la vallata e le altre basse sul fianco destro del Santuario, fanno della costruzione un buon esempio di chiesa fortificata; il campanile è decorato esternamente da una grande figura affrescata, mancante però della testa.
L'interno, ben visibile dalle due basse finestrelle in facciata, è diviso in tre navate da due serie di quattro colonne in pietra con capitello decorato unite da archi a sesto acuto; all'inizio c'è la bassa colonna che regge la rotonda acquasantiera in pietra nera, e più avanti si è conservato l'arcaico muretto con sedile che divideva lo spazio per i fedeli da quello più vicino all'altare riservato ai membri delle Confraternite.
La parete di sinistra è interamente bianca, mentre quella di destra e quella di fondo sono decorate da un ricco ciclo di affreschi fra cui "I sette peccati capitali", "L'Inferno e le pene", il deteriorato "Purgatorio" e in basso "Il lavoro nei campi".
Gli affreschi più interessanti sono quelli con archi ogivali decorati che Pietro Guidi Da Ranzo dipinse nel 1515 illustrando un grandioso ciclo di scene della "Vita di Gesù" suddiviso in due piani. Il soffitto verso l'abside è decorato da stucchi policromi; sull'altar maggiore, fra le quattro colonne tortili in marmo rosa, spicca il gruppo marmoreo "Madonna con Bambino" del genovese Filippo Parodi (1630-1702), allievo del Bernini.
Tornati in auto al paese parcheggiamo di fronte al Municipio e scendiamo la rampa a monte della locanda; superato sulla sinistra il sovrapporta intagliato a Trigramma, passiamo sotto l'archivolto. Da qui scendiamo ancora (ma ci toccherà poi la fatica della risalita) usciamo dall'abitato e ammiriamo la vallata e il medioevale Ponte dei Passi che scavalca in basso la rumoreggiante Giara di Rezzo.
Continuando a scendere arriveremo alla cappella di S. Sebastiano con all'interno un affresco mùtilo per l'apertura della finestrella a valle; poco sotto c'è il lavatoio trapezoidale.
Se invece prendiamo a destra la rampa in cemento che sale, arriviamo ad un nucleo di case medievali da cui abbiamo una vista sulla vallata e sul ponte.
Se per contro prendiamo a sinistra per via Ospedale arriviamo allo slargo su cui sorge la Cappella dell'Ospedale con pavimento e sedili in pietra, meta della processione che vi porta il Venerdì Santo la statua del Cristo morto; ospita l'affresco tardo quattrocentesco "Crocifissione".
Prendiamo a destra passando sotto l'arco della casa medievale fronteggiata dalla fontanella con vasca in pietra e dopo un nucleo di case moderne superiamo l'architrave con Trigramma murato nella facciata di una casa restaurata a sinistra; sulla piazzetta poco più in basso c'è una casa con lo stemma dei Savoia scolpito nell'architrave sormontato dall'edicola con statuetta in marmo di Vergine e Bimbo con a fianco una meridiana.
Tornati indietro fino alla cappella, andiamo a destra per risalire a fianco del municipio da cui riprendiamo l'auto per parcheggiare poco più a valle in piazza Guglieri.
Sul lato opposto della strada sale la rampa che ha a sinistra la fontanella con edicola e statua della Vergine, seguita dal portale della canonica con architrave intagliato con Trigramma, le iniziali R D e la data 1516, e divisa fra i due stipiti la data 1571.
Risalendo la rampa teniamoci a destra, superando sotto l'archivolto l'architrave con Trigramma da cui, proseguendo oltre la fontanella, raggiungiamo il palazzotto con architrave intagliato con la ghianda rovesciata stemma dei Clavesana.
Tornando indietro teniamoci a destra e, superato lo spiazzo erboso con a destra gli arcaici portali decorati da una rosetta e cordolo della Casa degli Armigeri del marchese, sbocchiamo sul sagrato della parrocchiale chiesa di S. Martino di origine romanica ma interamente ricostruita dai Clavesana nella prima metà del Seicento; murato a destra dell'altar maggiore c'è l'armadietto per gli oli santi in pietra intagliata, che sormonta la quadrata lapide in marmo che ricorda la vicenda di Aleramo ed Alasia con la scritta: "Saxoniense O + ex Aleramo - P. Marchione et Alaxia filia Ottonis I Romanorum Imperatoris semper Augusti."
Di fronte alla chiesa, sullo spiazzo erboso con i vertici del muretto segnati dai rocchi delle colonne dell'originario edificio romanico, sorge appunto il Castello dei Clavesana, perfettamente conservato ma di proprietà privata e non visitabile. La quadrata costruzione è a tre piani, con ai vertici le quadrangolari guardiole pensili; il fossato difensivo di fronte alla porta in ferro inchiavardato è oggi scavalcato da un ponticello in muratura con sediletti ai lati che ha sostituito l'originario ponte levatoio in legno, di cui restano ai lati del portale ben evidenti i fori attraverso cui passavano le catene che lo manovravano.
L'architrave del portale di ingresso, sormontato da un'edicola a tempietto in pietra nera, ha incisa la scritta: "NEC SILENTIO TRANSEUNDA" (Da non attraversare in silenzio) che, a scanso di equivoci, invitava chiunque entrasse a segnalare chiaramente la propria presenza; a sinistra di questo è murato un altro portale in pietra con architrave intagliato a foglie di quercia con al centro la ghianda rovesciata stemma della casata.
All'interno c'è l'atrio da cui un'ampia scalinata porta al primo piano, su cui si aprono la grande sala da pranzo con camino in pietra, le diverse camere e la cappella; una scala di servizio scende alle cucine che prima di una devastante incursione ladresca conservavano arredi e suppellettili d'epoca.
A piano terra sono la falegnameria, la cantina, il granaio e i locali del corpo di guardia, mentre nei sotterranei segreto e la serie dei trabocchetti; la costruzione costituisce il meglio conservato palazzo fortezza del tardo Seicento nel Ponente ligure.
Chi ha gambe buone può risalire da qui lungo la rampa a destra della chiesa che dopo l'archivolto, la fontanella e l'edicola a destra sale ripidamente lungo via Castello finché al termine della rampa in cemento arriva alla sinistra di un villino; da qui prendendo a sinistra arriviamo in poche centinaia di metri all'edicola di S. Filomena, dall'interno ormai in rovina.
Immediatamente a valle dell'edicola, in eccellente posizione strategica, sorgeva l'originario Castello dei Clavesana demolito dai Savoia, di cui vediamo i resti dei due torrioni laterali preceduti dai bastioni semicircolari e quelli delle mura perimetrali; l'area del castello è occupata da una vigna e proprio là dove i nobili Clavesana vissero nel lusso dettando legge a tutto il circondario razzolano oggi le galline di un pollaio.
Tornando indietro passiamo a monte del villino e proseguiamo sul sentiero a sinistra che in poche centinaia di metri ci porta alla cappella benedettina di S. Mauro, con volta a botte coperta da "ciappe"; il robusto porticato ha tetto a capriate e sediletti in pietra che si ripetono all'interno decorato da semplici affreschi con motivo a croce, in via di deterioramento.
Discesi al paese, giunti alla casa con lunetta sul portale poco prima della chiesa voltiamo a destra e superato a destra il portale ad arco ogivale in pietra raggiungiamo il fianco della chiesa da cui voltiamo a destra per via Cavour; prima di passare sotto l'archivolto, alziamo gli occhi a destra per incontrare quelli del mago-custode intagliato nel monolite di recupero che funge da balaustra alla scala sovrastante.
Superato poi sulla destra il portale in pietra liscia affiancato da una finestra ad arco in tufo, passando sotto la soletta arriviamo alla casa con due portali, di cui quello inferiore con architrave scolpito con Trigramma al centro e stemma abraso sulla sinistra.
Proseguendo per via Cavour incontriamo a sinistra una arcaica bassa casetta con portale a stipiti monolitici e finestrelle strombate; duecento metri dopo, sulla destra, c'è una casa medievale costruita sulla roccia il cui cancello, montato sul portale con sovrapporta ad arco intagliato, ci consente di vedere all'interno la roccia proseguire nell'atrio con scala in pietra che dà accesso ai vani abitati.
Da qui torniamo indietro fino all'auto; una suggestiva escursione montana si può realizzare da Rezzo proseguendo a monte fino al Passo della Teglia (m. 1387) che porta a Triora.
Se giunti a questo punto volessimo raggiungere la costa, anziché tornare indietro lungo la Statale 28 che abbiamo percorso salendo, possiamo imboccare, subito prima di entrare in Pieve di Teco, la deviazione che si stacca sulla destra diretta ad Albenga lungo il corso dell'Arroscia.