Imperia Porto Maurizio

Altitudine: m 10 s.l.m.

Superficie: km2 46

Distanza da Imperia: km 0

Abitanti: nel 1881 7219 - al 2017 42154

Festa patronale: 26 Novembre - San Leonardo

Informazioni: Comune tel. 0183 7011


Visita al Borgo

Provenendo da piazza Dante ad Oneglia continuiamo dritti verso Sanremo. Dopo circa due chilometri, troviamo il Palazzo Comunale e quello delle Poste Centrali, edificati subito dopo l'unificazione in posizione intermedia tra Oneglia e Porto Maurizio.

Nell'adiacente piazza della Vittoria, si segnala il monumento a Edmondo De Amicis, su cui si legge: "I bimbi d'Italia a Edmondo de Amicis". In effetti gran parte delle 108.000 lire spese per il monumento, fu raccolta lanciando una colletta nazionale in cui si chiedeva ad ogni alunno delle scuole elementari di versare 10 centesimi.

Poco oltre il palazzo comunale, circa 100 metri, subito a monte di viale Matteotti, in un bel parco alberato si trova il Museo di Arte Contemporanea di Imperia (MACI), che vanta una sessantina di opere di autori d'eccellenza dell'arte contemporanea, quali Lucio Fontana, Marino Marini, Ennio Morlotti, Massimo Campigli, Robert Delaunay, Serge Polyakoff, solo per citarne alcuni. Visitato il MACI si risale in macchina e seguiamo l'Aurelia verso Sanremo.

Subito dopo aver superato un semaforo e il relativo incrocio, si può imboccare a destra via Saffi da cui, in corrispondenza della prima curva, si stacca a destra la deviazione che sbocca in piazza Duomo dove si può parcheggiare. Siamo così di fronte al maestoso Duomo di San Maurizio iniziata nel 1781 e terminata nel 1838 su progetto dell'architetto Gaetano Cantoni.

Lunga 70 m (82 compresa la scalinata) e larga 42 m, con un'altezza massima di 48 m in corrispondenza della lanterna della cupola principale è la chiesa più grande della Liguria, di cui rappresenta anche il più significativo esempio di costruzione religiosa neoclassica.

Anticipata da un'ampia scalinata, la facciata presenta due campanili ai lati uniti da un portico sorretto da gigantesche colonne; la cupola principale è inserita in un tamburo ottagonale esterno. Il grandioso interno, diviso in tre ampie navate con soffitti a cassettone, sarebbe dovuto essere, nell'originario progetto, ancor più arioso, con tutte le colonne separate le una alle altre. In fase di costruzione, però, gli spazi tra i vari gruppi di colonne furono prudentemente riempiti con murature per migliorare l'assetto statico del mastodontico complesso.

Gran parte delle opere d'arte che vi sono conservate sono dell'Ottocento, tranne il seicentesco crocifisso ligneo del Maragliano, nella navata di sinistra e la statua di Nostra Signora della Misericordia (1618) in quella di destra. 

Del 1516 è il bel tabernacolo in marmo scolpito a bassorilievo e murato sulla parete sinistra dell'altar maggiore. Quest'ultimo è sovrastato dalla statua in marmo bianco di San Maurizio, opera dello scultore Carlo Finelli, allievo del Canova. Interessante è il pulpito barocco del 1640, proveniente dall'antica chiesa parrocchiale che si trovava sulla sommità del promontorio di Porto Maurizio, da cui predicò San Leonardo.

All'altro lato della piazza, di fronte al duomo, possiamo visitare il Museo del Presepe di Imperia nel quale è raccolto, sistemate in una elegante teca climatizzata lunga più di dieci metri ed oltre tre metri in altezza, un complesso di 113 statuine scolpite dallo scultore genovese Anton Maria Maragliano tra il 1724 ed il 1741; la collezione è valorizzata e completata con l'ausilio di uno spettacolo multimediale e di apparati didattici. I locali adiacenti ospitano la Pinacoteca Civica in cui figurano opere che rappresentano aspetti e filoni tematici diversi dell'arte figurativa ligure tra inizio Settecento e metà Novecento.

A destra del Duomo, accanto alla statua di San Leonardo da Porto Maurizio, sale la rampa che costeggiando la mole della chiesa con le due meridiane nella torre campanaria immette al Parasio, centro storico della città.

Imboccata via Acquarone e superato il sovrapporta in pietra nera intagliata al civico 8, entriamo in quello che era il più elegante quartiere della Porto Maurizio secentesca, di cui rimangono numerosi palazzetti signorili, fra cui quello al civico 24 che ha murata nell'atrio una lapide del 1620 e quello al civico 21 con portale in pietra nera che dà sull'atrio con volte a crociera poggianti su capitelli in pietra intagliati inseriti nelle pareti.

Saliamo la scaletta e raggiungiamo la piazzetta ciottolata su cui sorge il quattrocentesco palazzo Pagliari con porticato a sedile; i più curiosi possono entrare e salita la prima rampa di scale osservare la balaustra in colonnine di marmo ed il portale in ardesia nella loggetta che dà sulla piazza; dalla finestra sul lato opposto sono visibili le bifore che si aprono sul lato del palazzo.

Tornati alla piazzetta saliamo la scalinata a fianco dell'edicola barocca raggiungendo piazza Chiesa Vecchia, area occupata dall'originaria chiesa quattrocentesca di San Maurizio, di cui è visibile qualche resto; salita la gradonata a cubetti di porfido sul lato mare arriviamo allo slargo su cui sorge a sinistra un gruppo di case con portale in pietra al civico 21 e due portali gemelli al civico 27 e al civico 25.

Il proprietario di quest'ultima era probabilmente un personaggio un po' originale, visto che accoglieva gli ospiti con le grandi scritte nell'atrio: "Non aspettarti che scarsi bicchieri di vino da quattro soldi" da una parte e: "In questa casa non risplendono soffitti d'oro e d'avorio" dall'altra; e iscrizioni analoghe, tutte in latino, inseguono l'ospite su per le scale fino allo stemma con civetta ed alla cancellata in ferro battuto che la conclude.

Attraversato il piazzale verso ponente passiamo sotto il volto in fondo scendendo poi la scala a destra ci troviamo alla base di palazzo Gastaldi, la più elegante dimora settecentesca portorina, il quale tra il 1794 e il 1796 vide illustri ospiti tra i quali i generali Napoleone Bonaparte, André Massena e il Rappresentante del Popolo Augustin Robespierre.

Percorsi pochi metri voltiamo a sinistra seguendo l'indicazione "Logge di Santa Chiara"; fiancheggiamo così l'oratorio di San Pietro su cui sono murati i resti dell'altare del Cristo Nero (1703) di Pietro Ripa ed anche lo stemma della famiglia nobiliare Littardi, nel cui palazzo poco distante furono ospitati illustri personaggi del nostro Risorgimento tra cui Camillo Benso conte di Cavour, legato ai Littardi da solida amicizia.

Ribadendo la funzione civico-sociale connaturata al concetto stesso di oratorio, una lapide ricorda che qui vennero accolte nel 1252 le prime compagnie mercantili promotrici della convenzione con Genova e che l'edificio fu anche "ospizio in morìa, granaio in carestia" e Parlamento della comunità.

A proposito dei rapporti con Genova, tanto pesanti erano le tasse imposte dalla Superba che la città di Porto Maurizio volle addirittura dedicare una lapide ad imperitura memoria dell'uomo che finalmente riuscì a farle abrogare. "Viva del buon Garibbo il chiaro nome - che al suo paese le franchigie ottenne - e di gabelle ne sgravò le some" recita il marmo qui murato.

L'oratorio, tuttora sede della Confraternita derivata dalla Compagnia dei Mercanti, venne completamente ricostruito nel 1595, mentre il loggiato affrescato fu aggiunto alla facciata nel 1714. Elegante è l'interno in un'unica navata con volta a botte e pareti interamente affrescate dai pittori portorini Tommaso e Maurizio Carrega.

Lo slargo antistante offre una vista panoramica a ponente; di fronte vediamo il cosiddetto Monte Calvario, sulla cui sommità sorge il settecentesco oratorio che conserva la statua di anonimo quattrocentesco "Madonna con Bambino"; sullo sfondo in riva al mare sorge la tronco-conica torre di Prarola, edificata dopo una terribile incursione dello spietato pirata saraceno Dragut nel 1562, come parte di un vasto sistema costiero di avvistamento e segnalazione, cui apparteneva anche la torre inglobata poi come campanile dell'oratorio di San Pietro.

Dallo slargo imbocchiamo una via lastricata con mattoni al centro che porta alle panoramiche Logge di Santa Chiara, costruite sulle mura cinquecentesche del borgo. A dominare l'ampio braccio di mare sottostante resta, all'angolo di levante, il bastione con feritoie poi allargate a finestre, ben visibile sporgendosi dalle ultime logge. Sopra la porta di accesso è murato un tondo in pietra nera scolpito a Trigramma, ed a trigramma sono anche intagliate le balaustre in pietra nera dei terrazzini della massiccia costruzione sede del convento di Santa Chiara, con finestre protette da robuste inferriate.

Percorso lo slargo con vista sul mare passiamo sotto il voltone a sinistra con lapide dedicata a San Maurizio raggiungendo così la chiesa di San Leonardo, del 1612, inglobata tra le case, che conserva tele seicentesche di Gregorio de Ferrari e Domenico Bocciardo; la porta accanto è quella della casa in cui il 20 dicembre 1676 nacque Paolo Girolamo Casanova, nome secolare di San Leonardo da Porto Maurizio; il successivo semplice portale in pietra ad arco ogivale segna l'ingresso di un piccolo convento dei Padri Francescani, che dalla sede originaria qui si trasferirono nel 1870, dopo le repressioni decretate da Vittorio Emanuele II.

Poco oltre troviamo altri due portali con gli architravi scolpiti a Trigramma.

Torniamo indietro lungo via Santa Caterina e saliamo la rampa di scale a destra del voltone e dopo pochi metri scendiamo nello slargo antistante il Convento dell'Ordine delle sorelle povere di Santa Chiara, votate alla più rigorosa clausura. Il portoncino al civico 5 immette in un piccolo atrio concluso dalla bussola girevole che consente il passaggio di oggetti, impedendo al contempo ogni possibilità di contatto, anche solo visivo, con l'interno del convento.

Dalla porta al civico 11 si accede al parlatorio dotato di una robusta inferriata attraverso la quale si può comunicare direttamente con le clarisse autorizzate ai colloqui esterni. Il convento, fondato nel Quattrocento, giunse ad ospitare fino a quaranta monache; molto più ridotto oggi è il numero di chi ha deciso di trascorrere l'intera esistenza in totale segregazione per vivere la povertà, preghiera e meditazione imposte dalla regola francescana, occupandosi della produzione delle ostie e della manutenzione dei paramenti sacri di tutte le parrocchie della città. Una di esse ha anche realizzato il teneramente ingenuo modellino in cartone del convento, esposto dietro la grata del parlatorio.

Annessa al convento è la settecentesca chiesa di Santa Chiara la cui parete di fondo è sostituita dalla fittissima grata di ferro battuto che la divide dalla retrostante cappella del convento, da cui le monache seguono invisibili le funzioni; sopra c'è una balconata del coro vivacemente decorata, così come tutto l'interno, ma la ricchezza del barocco, tanto spesso chiassosa, è qui addolcita e smorzata dalla pregnante atmosfera di mistico raccoglimento che pervade tutto l'ambiente.

Usciti dalla chiesa saliamo la scalinata che lascia a sinistra la porta di accesso al borgo murato e proseguiamo sotto il voltone tornando a fianco dell'oratorio; da qui svoltiamo a destra e quindi subito a sinistra e scendendo lungo la strada carrozzabile incontriamo dapprima palazzo Littardi e subito dopo notiamo la facciata elegantemente decorata da stucchi rococò di palazzo Bensa. Una lapide ricorda che il conte Elia Bensa, mazziniano e primo deputato di Porto Maurizio al parlamento cisalpino, nascose qui per diversi mesi Giuseppe Mazzini condannato a morte per cospirazione e ricercato dalla polizia sabauda.

Poco oltre, una gradinata scende alla loggia di Porta Martina, una delle vie di accesso al borgo più antico. Nella loggia sono murate in alto diverse lapide intagliate a stemma nobiliare, mentre in basso si aprono finestreporta di antiche botteghe; qui era il Banco della Ragione cittadino, di cui è rimasta la base di una unità di misura di capacità in pietra, murata sul parapetto che dà sulla strada.

Scesi sulla via e voltandoci indietro, possiamo osservare una lapide con Trigramma fra angioli sopra l'arco del voltone e altre due in marmo agli stipiti, invocanti la protezione di San Maurizio sulla cittadella murata.

Torniamo a prendere l'auto; tornati alla via Aurelia e svoltato verso ponente imbocchiamo la seconda via a sinistra che scende a Borgo Marina, che è consigliabile attraversare per cercare posteggio alla sua estremità orientale, svoltando a destra non appena superata la sede del Museo Navale di Imperia, facilmente riconoscibile.

Il Museo Navale di Imperia rivitalizza spazi recuperati da immobili che in passato avevano rivestito un ruolo significativo durante il periodo d'oro dell'industria locale, quando Imperia aveva un ruolo di primissimo piano nel commercio oleario mondiale. L'esposizione, ricca di oggetti e strumentazioni che documentano l'evoluzione della marineria, comprende anche una sezione di archeologia sottomarina ed è resa ancor più viva da una serie di postazioni ludiche e interattive.

Nello stesso edificio del museo, ma con ingresso indipendente, si trova il Planetario intitolato a Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975; il secondo cittadino imperiese ad aver meritato il prestigiosissimo riconoscimento, dopo Giulio Natta, che lo conquistò per la chimica nel 1963. In estate, sulla banchina portuale, ormai solo turistica, c'è un punto di imbarco per effettuare escursioni quotidiane che si spingono sino a 15-20 miglia dalla costa alla ricerca di delfini, balene ed altri cetacei di cui si hanno avvistamenti piuttosto frequenti.

Lasciata alle spalle la banchina e superata la chiesetta Maris Stella, tutta guglie e pinnacoli, proseguiamo verso ponente tenendoci a destra fin oltre la piazza Sant'Antonio raggiungendo così la Chiesetta dei Cavalieri di Malta. La semplice costruzione in pietra ha l'abside con tre monofore strombate ed è decorata da archetti pensili e cornicione in pietra; sul lato sinistro si apre il portale ad arco ogivale sormontato dall'affresco ormai molto deteriorato con i simboli dei Cavalieri di Malta.

Qui accanto sorgeva fin dal medio Evo l'ospizio cittadino che - ricorda una lapide - fra i tanti viandanti in transito accolse nel novembre del 1343 anche Francesco Petrarca di rientro a Firenze dopo un viaggio ad Avignone. Nel 1362 i Cavalieri di Malta Bartolomeo e Maurizio Corradi vollero affiancare all'ospizio la chiesetta che vediamo, poi restaurata nel 1665 dai Conti di Lengueglia.

Volendo fare una passeggiata sul mare andiamo a sinistra dell'abside e giunti all'incrocio risaliamo a destra via Boine per un centinaio di metri, imboccando a sinistra la "passeggiata dell'amore", romantico vialetto su rocce a picco sul mare che ci porta alla caratteristica piazzetta ingombra delle barche dei pescatori di Borgo Foce.

Se invece ci interessano di più spiaggia e barche a vela, dall'abside della chiesa torniamo indietro lungo il vicolo che la fronteggia e continuiamo il periplo del porto arrivando fino al monumento ai Caphorniers, gli intrepidi uomini di mare che doppiarono sui fragili barchi a vela Capo Horn; qui inizia il "molo lungo", passeggiata che ci offre un'ampia vista dal mare della città.

Conclusa così la visita alla città, torniamo all'itinerario dell'escursione ripartendo dal semaforo sulla via Aurelia che avevamo lasciato per raggiungere piazza Duomo.

Svoltiamo a destra sull'Aurelia dopo circa trenta metri svoltiamo ancora a destra e percorriamo le gallerie e proseguiamo diritto, seguendo l'indicazione Montegrazie. Parcheggiamo nella piazzetta della scuola e prendiamo a sinistra arrivando così al sagrato della barocca chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata con meridiana in facciata, fronteggiata dall'oratorio coevo.

In chiesa è conservato a destra dell'altar maggiore il bel polittico con baldacchini e fondo in oro "Madonna e Santi" di Carlo Braccesco del 1478; sopra l'altare di sinistra c'è la statua in marmo "Madonna delle Grazie", qui trasferita dalla fontana del Santuario che visiteremo. 

Il tronco di colonna murato fuori a sinistra dell'ingresso e poi intagliato con la data 1779 di inaugurazione del nuovo edificio costituisce, assieme alla loggia che si apre a destra oltre la strada, quanto rimane della chiesa originaria. Due monofore residue sono meglio visibili dalla trecentesca Fontana Pianello (raggiungibile in una cinquantina di metri prendendo la discesa a sinistra dell'altra fontanella sulla strada), coperta da un arco in pietra la cui chiave di volta porta scolpita la croce dei Cavalieri di Malta che la costruirono.

Ripresa l'auto torniamo indietro fino al bivio dove voltiamo a sinistra raggiungendo così, dopo essere passati sotto gli archi di una condotta d'acqua che serviva il frantoio a destra, il piazzale alberato sul cui lato a monte si apre la nicchia della fontana che custodiva la statua della Vergine vista in chiesa; di fronte sorge, il Santuario di Nostra Signora delle Grazie, eretto nel 1450 in pietra colombina ben squadrata, sul luogo dove la Vergine miracolò una ragazza sordomuta.

La facciata con rosone in pietra è preceduta dal portichetto retto da due colonne, da cui gli archetti pensili seguono poi tutto il sottotetto dell'edificio, arricchiti nell'abside centrale da una decorazione a treccia a doppio festone; sul fianco sinistro si apre la porta laterale con Agnus scolpito nella chiave di volta.

Il campanile è costituito da una torre di difesa turco barbareschi poi rialzata. L'interno, coperto a capriate, è diviso in tre navate da colonne in pietra nera intagliate con la croce di Malta, legate da archi a sesto acuto a capitelli dissimili.

Le pareti sono quasi interamente decorate dal ricco ciclo di affreschi realizzati nel 1483 dai fratelli Tommaso e Matteo Biazaci da Busca: su quella di sinistra sono vivamente rappresentati i Vizi e le Virtù, le Pene dell'Inferno e la Città Celeste dei Beati; l'abside di sinistra è dedicata alle storie del Battista e quella di destra alla vita di San Giacomo di Compostella.

La parete destra fu invece affrescata con scene della passione da Pietro Guidi da Ranzo, rappresentatosi anche in autoritratto nel personaggio con spada e cappello a punta che esce dalla seconda scena.

Accanto al santuario sorge la trecentesca cappella, con portale gotico a conci alternati bianchi e neri, probabile chiesa originaria.

Tornati all'auto ridiscendiamo da Montegrazie fino al bivio che a destra ci porta a Moltedo, un tempo divisa in "Superiore" appartenente alla contea di Prelà e quindi sabauda, ed "Inferiore" sotto Porto Maurizio e quindi genovese, con tutte le complicazioni che è facile immaginare.

Parcheggiata l'auto nello slargo all'inizio del paese, superato l'ottocentesco oratorio dell'Immacolata Concezione con sagrato ricavato sopra un ampio porticato raggiungiamo la seicentesca parrocchiale chiesa di San Bernardo, nota soprattutto perché conserva, a destra dell'altar maggiore, il quadro "Sacra Famiglia" del fiammingo Antonio Van Dyck (1599-1641).

Il celebre pittore di Anversa giunse a Genova nel 1623 e vi lavorò per qualche anno, ma nel 1627 ne dovette precipitosamente fuggire inseguito da un paio di nobili mariti alle cui mogli non si era limitato a fare il ritratto; rifugiatosi nella sconosciuta Moltedo vi sedusse la donna più bella della vallata eternandone i tratti nell'immagine della Madonna al centro del quadro.

In chiesa sono conservate altre opere d'arte minori fra cui l'anonimo polittico "Madonna con Santi" e, sulla parete di sinistra, una "Santa Caterina" attribuita a Giuseppe Massa; notevoli anche i cinquecenteschi confessionali in noce intagliato ed il seicentesco altar maggiore in marmi intarsiati ed alabastro.

In sagrestia un originario fonte battesimale in pietra intagliata funge oggi da lavandino.

Proseguendo oltre la chiesa incontriamo a fronteggiare la fontanella con abbeveratoio l'oratorio di Santa Caterina, già intitolato a San Bernardo come inciso sul portale in pietra nera del 1705; proseguiamo superando diversi archi, logge ed altane ed attraversando quindi il ponticello che ci porta al minuscolo oratorio di Sant'Agostino, con affresco e meridiana in facciata, costruito su di un voltone che scavalca il sottostante torrente.

Alle sue spalle tracce della passata nobiltà del borgo sono nel palazzotto oggi in degrado con altana deturpata da una vetrata, e nell'altra più modesta casa padronale con balaustre in pietra lavorata ormai molto deteriorate che troviamo in cima alla gradonata di via Carmelo che sale a fianco del lavatoio.

Ripresa l'auto ridiscendiamo su Caramagna ed al bivio prendiamo a destra la strada che ci porta a Vasia.