Altitudine: m 350 s.l.m.
Superficie: km2 10
Distanza da Imperia: km 15
Abitanti:
- nel 1881 618
- al 2017 482
Festa patronale: 21 Settembre - San Matteo
Informazioni: Comune tel. 0183 90200
Si ritorna sulla statale e dal centro dell'abitato di San Lorenzo si distacca la strada che porta a Lingueglietta, bell'esempio di borgo fortificato che fu già prima del Mille "corte" del marchesato di Torino; nel 1091 Anselmo de' Quadraginta assume il titolo di Signore di Lengueglia (così allora si chiamava il borgo) dando vita alla omonima dinastia che per secoli domina la zona spingendo le sue mire espansionistiche sempre più lontano.
Nel 1341 i Lengueglia si alleano con Giorgio Del Carretto di Finale e attaccano Albenga; ma la Repubblica di Genova, che tiene d'occhio i casati locali più intraprendenti, decide che è ora di fermare l'ascesa di questi Lengueglia così vivaci e "a tutela del diritto delle genti" manda qui il suo potente esercito in assetto di guerra come "forza di pace" a dividere i contendenti.
Il povero Giorgio con i suoi quattro bravacci "...vedendo questa forza di gente che il veniva addosso, mandò ad scusarsi al duce", ma semplici scuse verbali non bastano certo al comandante della spedizione genovese Simon Boccanegra che ha ben altro in mente: acchiappa il Del Carretto e "... posto in una gabbia di legno il fece mettere nella prigione domandata Grimaldina.
E vedendosi Giorgio detenuto in questa maniera, fece consegnare al duce le sue terre e le castella di alquanti nobili della Linguiglia ch'avevano cospirato insieme con lui contro gli albinganesi".
Senza colpo ferire Genova acquisisce così il controllo su tutto il comprensorio che governato poi da succubi "alleati" le resterà da allora (1341) sempre soggetto.
Visita al Borgo
Giunti in paese prendiamo la rampa che risale all'indietro alla nostra sinistra arrivando così al vasto parcheggio attorno al cocuzzolo centrale su cui sorgono i pochi ruderi del duecentesco castello dei Lengueglia.
Saliamo la scaletta a sinistra della fontanella ed aggirati i ruderi risaliamo il sentierino fino ad arrivare in cima: il panorama a trecentosessanta gradi su mare e vallate ci ricompenserà del piccolo disagio della salita.
La duecentesca chiesa della Natività di Maria Vergine che abbiamo di fronte fu ripetutamente ampliata e sopraelevata, come illustrano chiaramente gli accurati restauri della facciata; il portico sorretto da due colonne in pietra venne aggiunto nel tardo Medio Evo come anche il campanile, poi mozzato e concluso con la piccola cupola.
Il portale in marmo è invece seicentesco (1621) come le cappelle laterali; sul muretto a sinistra della chiesa è murata una rustica lapide ogivale del 1502 intagliata a croce di Malta, ben visibile dalla rampa sottostante.
L'interno, diviso in tre navate dalle originarie quattro basse colonne in pietra, conserva nella volta sopra la porta laterale affreschi cinquecenteschi con scene della vita di un santo; nell'ultimo altare a sinistra un'urna in vetro installata nel 1762 custodisce l'ampolla del sangue e le spoglie di San Clemente, il cui scheletro in posizione semicoricata è rivestito da ricchi abiti medievali.
Accanto alla chiesa sorge il barocco oratorio dell'Annunciazione il cui monolitico architrave, qui trasferito dalle macerie del vicino castello, è scolpito con un arcaico crocifisso medievale fra due scudi araldici abrasi.
Aggirato l'oratorio sul suo fianco sinistro prendiamo la gradonata in cemento a sinistra ed imboccato l'archivolto che ci sta davanti proseguiamo per via Marconi girando poi a destra; arriviamo così allo slargo che domina la vallata dove isolata sul colle a destra sorge la romanica chiesa di Sant'Antonio che poi visiteremo.
A sinistra si apre il voltone con panchette in pietra della Loggia Municipale del borgo col locale Banco della Ragione; murate a sinistra erano le tre vaschette in pietra unità di misura di capacità per olio, grano e vino di cui solo la prima è ancora in discrete condizioni, mentre sulla parete opposta è murata la "canna", unità di misura di lunghezza; dal volto pende il gancio in ferro battuto che reggeva il lume.
Superato l'archivolto prendiamo a destra raggiungendo cinquanta metri dopo il più significativo esempio di chiesa fortificata del Ponente ligure.
La duecentesca chiesa di San Pietro, tipico edificio romanico-gotico, venne trasformata in fortilizio contro i "Turchi" agli inizi del Cinquecento con la ristrutturazione di tutta la parte superiore, che sostituì con rozza muratura gli originari conci ben squadrati, conservati solo nella parte più bassa.
La costruzione venne dotata in alto di un camminamento di ronda lungo tutto il perimetro, fortificato con le due guardiole pensili agli spigoli anteriore sinistro e posteriore destro e dalle feritoie aperte nel campaniletto; la difesa è completata dalla perfettamente conservata caditoia su cinque mensole che protegge la porta di ingresso, e da quella a tre mensole sul fianco sinistro.
Della chiesa originaria rimane quindi solo più la parte inferiore in pietra squadrata con lo strombato portale, le mensole e l'oculo in facciata, l'ab- side con gli archetti pensili e le tre monofore strombate ad arco monolitico; la porta sul fianco destro venne murata.
L'interno, in parte visibile dalla fessura della porta, è semplice e spoglio, a navata unica con volta a botte e pavimento originario in lastre di arenaria.
Aggiriamo la chiesa sul suo lato destro e scesa la gradonata in ciottolato di fronte all'abside andiamo ad osservare a destra al 16 le due piccole lapidi intagliate l'una a Trigramma, e l'altra a mezzaluna con l'elaborata "M" iniziale di Maometto, ad accomunare i simboli di due religioni unite per il resto solo dal mare di sangue dei massacri in loro nome consumati in oltre cinquecento anni sulle opposte sponde del Mediterraneo.
Da qui prendiamo a sinistra la gradonata in cemento che, superati a destra i ruderi di una casa del 1709 decorata nel sottotetto con rozzi affreschi di visi femminili, ci porta all'archivolto che conclude l'abitato con vista panoramica fino al mare.
Tornati indietro proseguiamo dritti per via Scuole Dolmetta intitolata al filantropo locale che nel Cinquecento destinò tutti i suoi averi alla realizzazione della scuola del borgo, come ricorda la lapide sulla sua casa natale (di fronte al 6) trasformata appunto in edificio scolastico; da qui prendiamo a destra sotto il volto di via Marconi risalendone la gradonata in cemento da cui voltando a sinistra torniamo alla piazza, passando sotto la meridiana sul fianco sinistro dell'oratorio.
Possiamo ora visitare la borgata a monte, per la verità assai meno interessante; procedendo lungo la centrale via San Rocco troviamo al 25 una lapide con scudo araldico murata capovolta, e quindi il piccolo barocco oratorio di San Rocco del 1611, con semplice scala semicircolare in pietra.
L'abitato si conclude poco più avanti al trivio contrassegnato dall'edicola quadrangolare dedicata allo stesso santo, sormontata da guglia a cipolla; il lato nord (troppo esposto alle intemperie) è spoglio e nelle nicchie degli altri erano statue di santi poi asportate, mentre intagliati nel marmo agli spigoli si sono ben conservati i maghi-custode che bloccano ancor oggi gli spiriti maligni alle soglie del paese.
Torniamo all'auto e fermiamoci poi sulla via del ritorno dopo circa un chilometro e mezzo per proseguire a piedi imboccando, in corrispondenza del cartello stradale che preannuncia il bivio, la discesa in cemento che si stacca a sinistra e che ci porta in duecento metri di sentiero fra i campi ai ruderi della trecentesca chiesa di San Sebastiano.
Sulla nostra destra a cielo aperto in piena campagna restano parte dell'abside e dei muri perimetrali sorretti da robusti contrafforti e due colonne in pietra con bei capitelli che reggono tre archi a tutto sesto.
Il capitello della prima ha scolpiti sui quattro lati rispettivamente Trigramma, arca, croce con fiori e decorazioni floreali, mentre il secondo ha lo stemma dei Lengueglia, una rosetta, croce in tondo con raggi e Trigramma in raggiera; di fronte sono i ruderi del campanile.
Ripresa l'auto scendiamo ancora un breve tratto della provinciale e prendiamo la deviazione che si stacca a destra cento metri dopo il camposanto; superato dopo la ripida salita il nucleo di case moderne percorriamo ancora i trecento metri di mulattiera ciottolata che ci portano nei pressi dell'antico cimitero ora dismesso dove sorge la chiesa di Sant'Antonio, amministrativamente nel Comune di Costarainera ma fisicamente e spiritualmente assai più vicina a Lingueglietta e che quindi noi qui arbitrariamente collochiamo e descriviamo.
Fondata nel Millecento dai Benedettini, la chiesa conserva le strutture romanico-gotiche originarie ripetutamente ritoccate poi fino al Seicento.
Nella facciata a capanna si apre il portale ad arco ogivale in grandi conci di pietra scolpito nella chiave di volta con un rozzo Agnus, mentre la porta a sinistra ha come architrave un nudo monolite irregolare; il basso campanile decorato con archetti pensili, monofora e gli stemmi dei conti di Lengueglia è originario solo nella sua parte più bassa: la guglia fu rifatta nel Seicento.
L'interno è ben visibile dal cancello in facciata: originariamente a navata unica coperta a capriate, l'edificio è stato poi ampliato con l'aggiunta delle due navate laterali con volte a crociera rette quella a sinistra da massicci pilastri quadrati e l'altra da basse colonne in pietra una delle quali, sostituita da un pilastro, è finita isolata sul sagrato a proteggere l'edificio col suo capitello scolpito con Trigramma al centro e maghi-custode agli spigoli.
Il muretto centrale che delimita lo spazio riservato ai catecumeni era ricoperto da cinquecentesche mattonelle in maiolica spagnola poi asportate; originaria è la parte di pavimento in lastroni di pietra, così come il massiccio monolitico fonte battesimale ottagonale a sinistra dell'ingresso e l'architrave in pietra nera scolpito con un quattrocentesco "Ecce Homo" sulla porta interna che immette al campanile.
Tornati alla provinciale continuiamo a scendere fino al bivio dove prendiamo a destra arrivando così a Costarainera.