Ceriana

Altitudine: m 369 s.l.m.

Superficie: km2 32

Distanza da Imperia: km 33

Abitanti: nel 1881 2547 - al 2017 1206

Festa patronale: 8 Settembre - Madonna della Villa

Informazioni: Comune tel. 0184 551017


Dalla via Aurelia a levante di Sanremo imbocchiamo la deviazione che sale al Poggio, raggiungendo dopo due chilometri il panoramico slargo a sinistra su cui sorge il santuario di Nostra Signora della Guardia del 1671 particolarmente caro ai marinai; all'interno è conservato, fra l'altro, il modellino lungo un metro e mezzo di un tre alberi, ex-voto del 1885 di Capitan Capurro.

La strada prosegue facendoci attraversare un ambiente disastrato dall'impianto di serre nel primo tratto e più avanti dagli incendi, finché arriviamo alle vigne che annunciano l'abitato di Ceriana.

Le origini di Ceriana, buon esempio di borgo medievale perfettamente conservato, risalgono all'epoca romana, quando qui si installò la famiglia dei Coelii da cui il paese prese il nome ("Celiana").

Già possedimento dei Conti di Ventimiglia prima del Mille, Ceriana viene ceduta nel 1045 al vescovado di Genova che la venderà poi nel 1297 a Oberto Doria da cui passerà nel 1359 alla Repubblica di Genova cui resta da allora sempre soggetta.

Visita al Borgo

Parcheggiata l'auto a inizio paese superiamo la fontana in pietra sulla sinistra e prendiamo prima del tunnel la via a destra che ci porta sulla piazza dove sorge la parrocchiale chiesa di San Pietro del 1633, a navata unica con due campaniletti nella facciata, sorta dov'era un tempo il castello.

All'interno è conservata, immediatamente a destra di chi entra, la pala d'altare "Santa Caterina con Santa Chiara e Santa Maria Maddalena", tavola cinquecentesca di Francesco Brea qui trasferita dall'oratorio di Santa Caterina; nella cappella successiva è custodita una anonima statuetta della Vergine risalente al Milleduecento; a destra dell'altar maggiore c'è l'anonimo polittico "San Pietro in cattedra" (1526), con scene di pesca nella predella, mentre nella parete opposta si apre la nicchia dedicata all'Immacolata Concezione con il fonte battesimale.

La sacrestia conserva, a destra di un raro altare in legno di tiglio, il prototipo a scala ridotta del monumentale orologio ad acqua del Pincio a Roma, opera del domenicano cerianese G.B. Embriaco. Usciti sull'ampio sagrato contornato da sedili in pietra saliamo a sinistra sotto i volti di via Celio; superato il sovrapporta monolitico al 10 arriviamo al trivio su cui si apre a sinistra la porta in conci squadrati ad arco tondo sotto cui passiamo sboccando nella piazzetta con decorazione a mosaico del ciottolato.

All'inizio dello slargo c'è a sinistra al 20 un arcaico architrave intagliato con Trigramma fra due losanghe, seguito poco più avanti a sinistra all'inizio di via San Salvatore dal portale con semicolonne agli stipiti e sovrapporta monolitico; un terzo portale, in pietra ad arco ogivale con scudo araldico al centro, si apre alla nostra sinistra, nella parete destra sotto il volto della via che scende fra i due già detti.

Nella piazzetta c'è poco più avanti la fontanella con vasca in pietra del 1867, fronteggiata dall'architrave del 1530 intagliato con Trigramma fra rosette murata all'inizio di via Sant'Andrea.

Riattraversiamo la piazzetta e, ripassati sotto l'arco della porta, riprendiamo a salire a sinistra per via Celio inoltrandoci poi sotto il buio voltone; qui a destra al 58 c'è il portale, purtroppo coperto di calce, scolpito nell'architrave con un vaso di fiori stilizzato fra una lepre ed il cane che la insegue; sugli stipiti intagliati a tortiglione vegliano due maghi-custode in quasi tutto rilievo. Poco oltre, nello stipite in pietra nera al 64 è inciso "Domenico Mantica - dome mea" (casa mia): era l'abitazione settecentesca di un sacerdote.

Proseguendo prendiamo sotto il voltone a sinistra sboccando così sulla piazzetta nella parte più elevata del paese dove sorge la torre di Sant'Andrea, con monofore alla cella campanaria, e l'adiacente oratorio dell'Addolorata, sede della Confraternita dei Neri.

La costruzione venne realizzata attorno al Mille a tre navate, divise da due colonne per lato raccordate da archi a tutto sesto, con capitello molto sottile; il coro dell'organo è retto da due colonne in pietra rosa più basse, dalla base ormai consunta, che appartenevano al tempietto pagano su cui è stato eretto l'oratorio.

Una cupoletta si alza al centro delle volte a crociera ed altre due più piccole concludono le navate laterali; l'altarino a destra è ricco di marmi intarsiati, mentre quello a sinistra è decorato con stucchi barocchi.

Dietro l'altar maggiore una massiccia cornice a tempietto conserva l'anonima tela "Sant'Andrea" del 1528.

Ridiscesi di una decina di metri la rampa da cui siamo saliti imbocchiamo a sinistra dopo il voltone la discesa a gradoni che ci offre una panoramica sui sottostanti edifici religiosi che visiteremo fra breve.

Proseguendo accanto alle grandi rocce a strapiombo su di noi arriviamo al barocco oratorio della Visitazione, sede della Confraternita degli Azzurri, costruito su mura d'epoca romana; l'interno è molto ricco, con altare a colonne tortili, affreschi settecenteschi sulla volta e gruppo marmoreo "Visitazione" del 1729.

Usciti dall'oratorio proseguiamo diritti per osservare il portale in pietra liscia al 52, quello in pietra nera con architrave intagliato a Trigramma al 42 e la colonna a capitello intagliato che forma lo stipite della finestra-porta al 40.

Tornati sui nostri passi fino all'oratorio scendiamo la rampa a destra di fronte alla fontanella; passati sotto i voltoni aperti sulla vallata arriviamo alla Porta della Pena, coll'arco in pietra sormontato dalla feritoia a difesa dell'ingresso occidentale al borgo.

Usciti fuori mura attraversiamo il medievale Ponte della Nocetta, ad una sola arcata con piccola edicola al centro, che ci porta al complesso che segna la più antica ubicazione del borgo.

La prima costruzione che incontriamo, con bel campanile in pietra recentemente restaurato, è l'oratorio di Santa Caterina, sede della Confraternita dei Rossi; venne costruito nel Seicento sotto la protezione del Senato di Genova.

A fianco sorge la ben più antica parrocchiale chiesa di San Pietro, oggi Santo Spirito, eretta attorno al Mille.

Sul fianco sinistro che abbiamo di fronte si aprono due porte, di cui quella a sinistra protetta da un portichetto retto da due esili colonnine in pietra, con alta base e capitello intagliato; il portale ha cornice lavorata a tortiglione e stipiti sormontati da capitelli dove i tradizionali maghi-custode sono sostituiti da più deterrenti musi di leone ruggente rivolti verso chi entra.

L'architrave fu riccamente scolpito con al centro un Agnus in tondo decorato, fiancheggiato a sinistra dal cartiglio con scritta: "Deus gratia plena" cui segue un tondo ed infine un angelo; a destra dell'Agnus però la lapide è molto deteriorata e pressoché illeggibile.

Molto meglio conservato è invece il bassorilievo sulla seconda porta, protetto dal tettuccio coperto a "ciappe" poggiante sulle sporgenti mensole monolitiche.

Al centro è intagliato il Trigramma e ripetuti ai lati sono un tondo con chiavi incrociate, una testa di leone e una rosetta.

La data è 26 aprile 1510, con il "500" ottenuto con "CCCCC" anziché con la classica "D"; anche qui i capitelli agli stipiti sono intagliati a feroci musi di leone, ritenuti evidentemente più orrifici che non i bonari maghi-custode.

Sulle pareti laterali della chiesa si aprono strette ed alte monofore, che si ripetono più ampie nella parte alta dello snello campanile in pietra ben squadrata; l'interno è a tre navate divise da due serie di cinque colonne in pietra a capitello gotico, raccordate da archi a tutto sesto.

Sul lato che dà sul torrente l'edificio si articola in una serie di massicci porticati da cui sono ben visibili i frantoi e l'arco in pietre dell'acquedotto che li alimentava.

Avviamoci a destra attraversando il medievale Ponte di Santo Spirito per osservare subito dopo a sinistra l'affresco dell'antico "Ospitium pauperum", il ricovero dei poveri del borgo.

Superiamo il volto e procediamo per la via intitolata al Palazzo dei Conti Roverizio di Roccasterone in cui vediamo l'affresco riproducente una figura affacciata ad una finta finestra del sottotetto.

Il portone d'ingresso è preceduto da un ampio loggiato oltre il quale c'è una fontana del 1867 con mascherone in pietra; la fronteggia, a sinistra della colonna che regge l'arco, una barocca edicola policroma.

All'interno del palazzo la prima rampa di scale con colonne e balaustre in pietra porta all'altra monumentale fontana, decorata con la statua di Nettuno che calpesta la testa del delfino dalla cui bocca scaturiva l'acqua.

Procedendo lungo la via arriviamo all'incrocio da cui prendiamo a destra seguendo l'indicazione "centro"; lungo la strada si aprono loggiati e finestre-porta di antiche botteghe.

Poco prima di arrivare alla chiesa che intravediamo in fondo alla strada prendiamo la rampa a sinistra che ci porta all'oratorio di Santa Marta, sede della Confraternita dei Verdi; conserva all'interno, nelle due nicchie alle pareti opposte, lo scheletro intatto dei martiri romani San Placido e San Germanione.

Da qui tornati brevemente sui nostri passi prendiamo a sinistra la rampa che ci riporta all'auto su cui proseguiamo oltre il tunnel.

La strada sale tra gli ultimi ulivi ed i primi castagni per quattro chilometri fino a raggiungere a sinistra, fra secolari ippocastani, il santuario della Madonna della Villa, del 1755, un tempo meta della processione dei Flagellanti; conserva nella volta affreschi del Carrega.

Proseguendo ci inoltriamo nello scenario montano del Parco Regionale delle Alpi Marittime di cui attraversiamo il fitto bosco per salire fino al Passo Ghimbegna.

Chi vuol proseguire fra i boschi può prendere a destra per Badalucco: dopo una quindicina di chilometri in un intatto ambiente naturale, superati Vignai ed Argallo troverà a sinistra la deviazione che lo porta al santuario della Madonna della Neve.

La rustica struttura isolata tra i boschi ha un avamportico con panchette in pietra e rozzo deteriorato affresco "Crocifissione" sopra l'arco; un altro piccolo affresco è nel minuscolo atrio.

L'interno, coperto a capriate, è completamente spoglio, con sediletti in pietra lungo le pareti; dietro l'abside quadrangolare è stato realizzato un piccolo vano rettangolare con feritoie, che ospita la cisterna per l'acqua.

Pochi chilometri dopo, la provinciale incontra a valle di Badalucco la strada di valle Argentina, da cui prendendo a destra si torna sulla via Aurelia.

Proseguendo invece dritti da Passo Ghimbegna si arriva in meno di un chilometro fra i boschi a Bajardo.