Apricale

Altitudine: m 272 s.l.m. - Superficie: km2 20

Distanza da Imperia: km 53

Abitanti: nel 1881 2098 - al 2017 607

Festa patronale: 8 Settembre - Sant'Antonio

Informazioni: Comune tel. 0184 208126


I ritrovamenti testimoniano che, già attorno al 5500 a.C., gruppi di cacciatori mesolitici insediarono diversi accampamenti nei pressi delle sorgenti sul sovrastante Monte Bignone; in epoca storica Apricale, già feudo dei Conti di Ventimiglia, scaccia nel 1249 il conte Guglielmo e si costituisce in libero Comune tra i primi in Liguria (lo Statuto è del 1247); nel 1273 viene però assediata e conquistata dal genovese Oberto Spinola da cui passerà tre anni dopo ai Doria di Dolceacqua.

Nel 1524 Bartolomeo Doria diventa vassallo del duca Carlo III dei Savoia, che acquisiscono così definitivamente il controllo del borgo; Apricale sarà anche devastata due anni dopo dal vescovo Agostino Grimaldi, che vendica così la morte del fratello Luciano assassinato proditoriamente dai Doria qualche anno prima.

Visita al Borgo

Aggrappata alla vetta di un colle particolarmente scosceso, Apricale si presenta ancora oggi perfettamente intatta nelle sue più genuine caratteristiche medievali a gironi concentrici tagliati dalle ripide rampe che li collegano.

Nel camposanto presso cui parcheggiamo sorge la chiesa di Sant'Antonio, costruita in pietra squadrata nel Millecento ma poi rifatta con la facciata barocca. Sulle pareti laterali si aprono monofore strombate; l'abside è arricchita all'esterno da archetti pensili di cui i primi a sinistra conservano tracce della originaria decorazione pittorica, e all'interno da semplici affreschi quattrocenteschi.

Entriamo quindi in Municipio attraverso il bel portoncino intagliato subito prima della piazza. Nella seconda sala sono esposti gli originali di Statuti più antichi di tutto il Ponente, le cui ben restaurate pergamene del 1430 riportano nell'elegante grafia dello scrivano dell'epoca le leggi civili e penali del borgo nel 1247.

Usciti dal Municipio sbocchiamo sopra la bella piazza su cui si affaccia alla nostra destra il barocco Oratorio di San Bartolomeo che conserva all'interno l'omonimo polittico; di fronte sorge la parrocchiale fiancheggiata a destra dal medievale castello, di cui si intravede da qui il giardino pensile.

Scesi in piazza andiamo a sinistra dove all'angolo ha sede l'ufficio turistico dov'è fra l'altro in vendita il volumetto col testo integrale degli statuti. Tutto attorno alla piazza si aprono ampie logge anche con sediletti in pietra; a destra c'è la fontana con grande vasca in pietra e tre medaglioni di cui il centrale intagliato a muso di leone.

Risalendo la rampa di fronte arriviamo al sagrato della chiesa delle Purificazione di Maria, di origine tardomedievale ma rimaneggiata nell'Ottocento, con due mosaici a fondo oro nella lunetta e nel tondo della facciata.

Avviamoci lungo il fianco destro della chiesa per raggiungere il semplice portale di ingresso del castello della lucertola, preceduto da uno scalino semicircolare ed affiancato dalla torre quadrangolare munita di feritoie poi adibita a campanile della vicina chiesa, con pochi resti della meridiana sul lato meridionale.

Già citata in documenti del 1092, la fortezza fu in origine residenza dei Conti di Ventimiglia che la cedettero poi assieme al paese ai Doria da cui passò poi ai Savoia. Dall'ingresso attraverso un corridoio si accede direttamente al giardino pensile; la scala a sinistra porta al grande salone superiore splendidamente restaurato come buona parte dei locali interni.

Usciti dal castello imbocchiamo il vicolo di fronte e superati i diversi portali in pietra ad arco ogivale prendiamo a sinistra per via Fiume inoltrandoci tra profonde cantine di case in pietra finché scesa la ripida scaletta incontriamo la via con pavimentazione anche in mattoni che circonvalla in piano il nucleo più antico del borgo.

Andando a sinistra incontriamo la duecentesca porta in pietra ad arco ogivale che conserva alte sul lato interno le massicce pietre ad incastro per i cardini e sui lati i fori per il ferro morto che la sbarrava. Nello stipite destro è graffita la scritta: "1764 - FAME" a ricordo di una carestia; all'esterno è ancora visibile sopra la porta la feritoia, ora murata, che la difendeva.

Proseguendo troviamo murato a sinistra l'architrave di una finestra con la scritta "IALM"; qui c'è il più antico forno pubblico del paese, perfettamente conservato; nei suoi locali vi si accede dalla scala poco più avanti a sinistra - ha oggi sede la scuola in ceramica frequentata dai ragazzi di Apricale e di tre Comuni vicini.

Inoltrandoci lungo la circonvallazione troviamo sotto il volto al civico16 una finestra-porta di antica bottega; subito dopo, al civico 18, ci sorprende lo splendido portoncino in legno intagliato in gran rilievo, con bel muso di leone sopra una chimera che sta divorando un serpente. Quasi alla fine della discesa poco prima del ristorante troviamo l'altra porta duecentesca dell'accesso meridionale al borgo.

Tornati indietro ripercorriamo la circonvallazione in senso inverso e ripassati sotto la porta proseguiamo superando il portale ad arco tondo in pietra al civico130 e il monolite intagliato per ricavarne due scalini a destra sotto il volto di fronte al civico 102; sotto il volto c'è a sinistra una finestra-porta ed altre due sono poco più avanti di fronte al civico 80 e al civico 76.

Sopra al civico 70, di fronte alla fontanella con vasca in pietra, c'è un architrave molto deteriorato intagliato con Trigramma e scudo araldico. Ripercorriamo a ritroso la circonvallazione e prendiamo una delle rampe che salgono alla nostra sinistra per tornare alla piazza.

Da qui scendiamo pochi passi lungo la gradonata all'angolo del bar per osservare la casetta a destra con un arco che scavalca il vicolo, non a caso isolata da tutte le altre case del borgo: è infatti l'abitazione del boia, un tipo tutto casa e bottega che appendeva le teste dei giustiziati all'archetto sotto casa che conserva ancora il foro in cui era incastrato il gancio da cui penzolavano quegli orrifici moniti alla non violenza.

Tornati all'auto, proseguiamo (senza per ora imboccare la via per Perinaldo) lungo la circonvallazione del borgo e parcheggiamo dopo circa cinquecento metri, in corrispondenza della breve rampa pedonale che scende a sinistra portandoci alla sottostante chiesa di Santa Maria in albis. Di origine molto antica e già citata nello Statuto del 1262 fu sino a tutto il Seicento il principale centro religioso del borgo.

Di particolare interesse sono gli anonimi affreschi del Cinquecento e Seicento che ne decorano completamente l'interno, con immagini di santi e della Vergine che si succedono ininterrottamente nelle volte a crociera e lungo le pareti. Il portale è sostituito da un'ampia cancellata; nello stipite (di recupero) in basso a destra è scolpita la data 1739. A sinistra è murata la cassetta per le elemosine; all'interno a destra c'è l'acquasantiera in marmo, e sedili in pietra corrono lungo le pareti.

La struttura esterna (sul cui lato destro si appoggia l'arco che regge una piccola stanza) è meglio visibile dal terrazzino con rustica fontanella in cotto a metà della rampa di discesa: l'abside esagonale, con tre oculi e piccole finestre quadrangolari nel sottotetto, è sormontata dalla cupola ottagonale; a sinistra c'è il campaniletto triangolare.

Ripresa l'auto, possiamo proseguire fino al bivio sulla destra che porta al ristorante; percorrendo per due chilometri circa questa deviazione raggiungiamo i ruderi della romanica chiesa di San Pietro in Ento, costruita attorno al Mille. Il tetto è sprofondato, e la struttura è in totale rovina, nascosta fra la vegetazione che la rende ormai di difficile individuazione.

Ripresa la provinciale, torniamo indietro fino al bivio da cui prendendo a destra arriviamo a Perinaldo.