Ventimiglia

Altitudine: m 9 s.l.m.

Superficie: km2 54

Distanza da Imperia: km 42

Abitanti:
- nel 1881 8854
- al 2017 24178

Festa patronale: 26 Agosto - San Secondo di Ventimiglia

Informazioni: Comune tel. 0184 2801


Le prime testimonianze di insediamenti umani nella zona risalgono all'Età Paleolitica, splendidamente documentate dai ritrovamenti dei Balzi Rossi, fra i più significativi dell'Europa intera; nel relativo Museo sono conservati fra l'altro gli scheletri dell'"Uomo di Grimaldi", del tipo Cro-Magnon.

In epoca storica preromana Ventimiglia è uno dei maggiori centri sul mare della regione, capitale della potente tribù dei Liguri Intemeli che, assieme agli Ingauni di Albenga e ai Sabazi di Vado abitano il Ponente ligure; col nome di Albium Intimilium la città si sviluppa ulteriormente dopo la conquista romana (181 a.C.), occupando l'intera piana alla foce del Roia.

Il crollo dell'Impero apre però la via ai barbari ed il troppo esposto insediamento sul litorale, devastato prima dai Goti e poi nel 641 dai Longobardi, viene abbandonato a favore della più sicura vicina collina dove viene fondata la nuova città murata e ben fortificata.

Il centro si sviluppa vigorosamente per tutto l'Alto Medio Evo e dà vita alla dinastia dei Conti di Ventimiglia che per secoli domineranno la zona; il destino della città, che ha tutte le potenzialità per divenire un grande centro metropolitano, si compie tra il 1100 ed il 1477, nella lunghissima sanguinosa lotta che Genova le impone fino a soggiogarla definitivamente, stroncandone per sempre con l'interramento del porto-canale ogni possibilità di sviluppo.

Concessa in feudo ai conti locali "alleati" della Superba, Ventimiglia sarà contesa dalla Provenza (Carlo Grimaldi se la annette nel 1335, ma Genova ne rientrerà in possesso nel 1357), con cui le ostilità si chiudono definitivamente con la pace di Lagopigo (1365), e poi dai Savoia che la occupano devastandola nel 1625 e poi ancora nel 1745; ma sempre Genova ne rientra in possesso conservandone il dominio.

Visita al Borgo

Ventimiglia offre una straordinaria panoramica della storia dell'uomo con significative tappe nell'età preistorica, nell'epoca romana e nel periodo medievale, ed una non meno interessante escursione nel mondo dei fiori.

Arrivando in auto da levante attraversiamo gran parte dell'abitato e fermiamoci subito dopo aver superato il cavalcavia sulla linea ferroviaria.

Qui, sul lato monte della strada, sono i ruderi dell'anfiteatro romano del secondo secolo dopo Cristo: il bacino semicircolare dal diametro interno di ventun metri poteva accogliere quasi quindicimila persone, sedute sui corsi di blocchi di pietra alternati ad una doppia fila di mattoni; ancora ben visibile è la parte inferiore della cavea, in pietra della Turbia, e la ben conservata porta di ponente.

Sul lato opposto della via Aurelia proseguono gli scavi che hanno riportato alla luce resti che vanno dall'Età Repubblicana (180 a.C.) fino al 600 d.C.; lungo la strada per Camporosso, in regione Colla Sgarba, sono stati portati in luce l'acquedotto e la necropoli, da cui provengono in gran parte i reperti che vedremo fra poco al Museo.

Ripresa l'auto proseguiamo verso la Francia e dopo aver attraversato tutta Ventimiglia troviamo sulla sinistra la massiccia mole del Forte dell'Annunziata, sede dell'Ufficio Informazioni Turistiche e del Civico Museo Archeologico G. Rossi.

Nelle diverse sale sono raccolte lucerne e statuette fittili (provenienti da tombe) del primo e secondo secolo dopo Cristo, con una interessante la collezione di vasetti in vetro. Un'altra sala ospita il "lapidario", dove sono raccolte più di cinquanta iscrizioni romane su marmo, e sedici busti in marmo della prima età imperiale.

Conclusa la visita al mondo romano, riprendiamo l'auto proseguendo verso la Francia; al primo bivio prendiamo a destra, lasciamo l'auto in strada e proseguiamo a piedi prendendo la prima via a sinistra che in meno di duecento metri ci porta alla duecentesca Porta Canarda, allora passo obbligato di accesso orientale alla città. La porta è difesa dalla torre sovrastante, dotata all'esterno di un doppio ordine di feritoie che sormontano la lapide in marmo intagliata con un San Giorgio, qui collocata nel 1514.

Sul lato di ponente il vano della porta è sormontato da due vicini archi successivi: l'intercapedine che li separa costituisce la caditoia attraverso cui i difensori ben protetti all'interno della torre facevano cadere sassi e olio bollente su chi intendesse scardinarla; una seconda caditoia è al di qua della porta, per colpire chi fosse riuscito ugualmente a passare.

Nella chiave di volta dell'arco più esterno è scolpito, quale monito ai "Turchi", un leone su di una torre, che stringe una croce. Una lapide ricorda che questo selciato è stato calpestato dai piedi più nobili: da qui sono passati fra gli altri Papa Innocenzo nel 1251, e Macchiavelli e Carlo V nel Cinquecento.

Il lato interno della porta è protetto verso mare dal muricciolo con feritoie con bella vista sulla vicina Costa Azzurra; dal lato opposto sale la rampa che conduce all'alta porta di accesso alla torre. Il terrazzino che precede l'ingresso era un tempo coperto; alte sopra la porta di accesso alla torre sono le mensole in pietra della caditoia che la difendeva.

Tornati in auto sulla via Aurelia continuiamo verso la Francia e giunti al bivio di Latte prendiamo a destra per Ponte San Luigi, raggiungendo così Capo Mòrtola dove sono i Giardini di Villa Hanbury, che con i loro diciotto ettari di superficie costituiscono il più vasto giardino botanico d'Europa.

Creato nel 1867 da sir Thomas Hanbury attorno alla seicentesca villa Orengo, il parco - attualmente gestito dell'Università di Genova - ospita oggi non meno di cinquemila diverse varietà di piante provenienti da tutto il mondo.

A Capo Mortola c'è anche una Torre antisaracena, usata come magazzino agricolo.

Dalla Mortola torniamo indietro in auto a Latte e al bivio prendiamo la strada a mare per Ponte San Ludovico; giunti allo spiazzo già della dogana parcheggiamo e raggiungiamo il Museo Preistorico dei Balzi Rossi, che espone i reperti ritrovati nelle vicine grotte che si aprono nella roccia a strapiombo sul mare, e che costituiscono uno dei più importanti giacimenti preistorici d'Europa; oltre a manufatti in pietra sono esposti i tre scheletri risalenti a circa trentamila anni fa, adornati con collanine di conchiglie. Le qui esposte suggestive statuine in terracotta riproducenti la Dea Madre con vistosi attributi sessuali sono copie degli originali qui trovati ma trasferiti a Parigi.

Ripresa l'auto torniamo verso levante, imbocchiamo la deviazione a sinistra che porta a Ventimiglia Alta e parcheggiamo fuori dalle mura. Entriamo nel centro storico attraverso Porta Marina sbucando, cento metri dopo, sul sagrato della splendida cattedrale di Santa Maria Assunta, il più insigne monumento di architettura romanica dell'intera Liguria.

La costruzione originaria, ricavata forse sulle rovine di un tempio pagano, venne eretta in epoca carolingia, attorno al 700-800 d.C.; la cattedrale fu poi interamente ricostruita nel Millecento in forma di basilica a tre navate con massicci pilastri ed archi in tufo, conservandosi da allora praticamente intatta salvo modesti ritocchi: il tetto a capriate è stato sostituito nel secolo successivo dalla volta a botte ed il portale aggiunto nel Milletrecento.

Il campanile fu costruito nel 1150 come robusta torre fortificata; nel secolo scorso è stato rimaneggiato nella parte superiore. La facciata è dominata dal bellissimo portale fortemente strombato con colonnine in marmo ad alta base decorata, nei cui capitelli vegliano i maghi-custode, alternati a destra anche con conigli; sopra il portale si apre l'ampia trifora incorniciata da fasce alternate bianche e nere secondo la tradizione di Pisa (con cui Ventimiglia fu sempre alleata contro Genova), sormontata dagli archetti pensili nel sottotetto.

Agli stipiti interni ed agli spigoli esterni sono scolpiti rozzi angioli a braccia alzate; al centro dello stipite sinistro è intagliata una rosetta. L'interno è a tre navate, divise da massicci pilastri legati da archi a tutto sesto; immediatamente a destra dell'ingresso è murata la massiccia lapide romana incisa con l'iscrizione alla Dea Giunone Regina che avalla l'ipotesi di un preesistente tempio romano.

Più avanti c'è il seicentesco quadro di San Secondo che chiede la protezione della Sacra Famiglia su Ventimiglia, di cui è raffigurato in basso un panorama dell'epoca. Sulla parete sinistra la prima ampia cappella, dedicata all'Assunta, ha pregevoli stalli in legno intagliato; più avanti, sotto il basso arco, si apre la piccola porta laterale e quindi, dietro la cancellata, la notevole Sala Capitolare con stalli in legno intagliato ed il grande gruppo marmoreo ottocentesco della Vergine.

A sinistra dell'altar maggiore scende la scaletta che porta all'ampia cripta, costituita in realtà dall'abside della piccola chiesa a navata unica originaria del secolo VIII; vi sono conservati frammenti marmorei d'epoca bizantina, fra cui un capitello con intagliati due arieti che si scornano, un monolite con volti di angioli e diverse lapide con motivi geometrici. Nella cripta riposano le reliquie di San Secondo, martire della Legione Tebea cui la chiesa era originariamente intitolata.

Usciti all'esterno prendiamo a sinistra aggirando la cattedrale sul suo fianco destro, su cui si aprono piccolissime monofore e la porta laterale con arco in pietra a tutto sesto. La prima abside, traforata da bella monofora con colonne a capitello intagliato, è decorata nel sottotetto con archetti pensili a peducci intagliati a maghi-custode alternati a teste di bue.

L'abside centrale, più grande e più alta, è traforata da grandi monofore a colonna ed arco a tutto sesto; nel sottotetto anziché gli archetti pensili sono le più arcaiche mensoline, divise da quattro colonnine a capitello decorato che poggiano su semicolonne più grandi che scendono fino a terra. Addossato all'abside è il maestoso battistero costruito nel Millecento nella classica pianta ottagonale, sormontato da ampia "lanterna" ottagonale anch'essa.

La parte inferiore ripete nel sottotetto la decorazione a mensole dell'abside della cattedrale; la lanterna è arricchita sotto le mensole da archetti pensili. All'interno c'è al centro una imponente massiccia vasca in pietra per il battesimo ad immersione, risalente alla tarda romanità; un'altra vasca lustrale conservata in una nicchia laterale porta la data 1100 di costruzione del complesso.

Nel battistero sono frammenti di sculture d'epoca longobarda (700-800 d.C.) ed un gigantesco pulvino del 500 d.C. Nel Millecinquecento il battistero venne diviso in due piani, di cui il superiore adibito a cappella della cattedrale; vi è conservato un seicentesco anonimo dipinto "Battesimo di Gesù con Santa Chiara".

Scendiamo la scaletta esterna accanto all'abside e, lasciato a destra l'arco con monolite che immette nella piazzetta delle Canoniche, superiamo l'arco in pietra di fronte a noi e aggiriamo il battistero, passando accanto alla parte bassa del campanile in blocchi squadrati di tufo, con alta feritoia che dà sulla strada.

Torniamo così al sagrato della cattedrale, di cui vediamo da qui la decorazione con archetti pensili nello stipite esterno del portale; oltre la chiesa sorge al di là della strada il massiccio seicentesco Monastero delle Suore di Nostra Signora dell'Orto, che ingloba resti del preesistente castello dei Ventimiglia.

Prendiamo di fronte alla chiesa per via Garibaldi e, superato il bel portale in pietra a destra, raggiungiamo poco più avanti l'ex teatro oggi sede della Biblioteca Aprosiana, fondata nel 1648 da Padre Angelico Aprosio, fra le prime biblioteche pubbliche in Italia; conserva opere anche manoscritte dal Cinquecento in poi.

Immediatamente dopo si aprono i begli archi in pietra a sesto acuto della quattrocentesca Loggia Municipale, protetta da maghi-custode intagliati nel primo e nell'ultimo peduccio degli archi pensili che la decorano in alto. Oggi il vano è occupato da negozi.

Superato il bell'architrave in pietra intagliato con San Giorgio che uccide il drago al 7, c'è poi a destra la barocca facciata con teschio e tibie incrociate del funereo Oratorio dei Neri del 1650, che conserva affreschi dei Carrega. Subito dopo si apre, anticipato dalla colonna in pietra con orologio, lo slargo con al centro una bella fontana ottocentesca con vasca circolare in marmo e pilastrino centrale con mascherone sormontato da un leone marmoreo; a destra fa da adeguato fondale una casa quattrocentesca con portali in pietra ad arco ogivale e bella trifora con colonnine in marmo al primo piano.

Avviamoci per la discesa a destra prima della piazza e giunti in piazza del Canto andiamo nel suo angolo a destra per osservare la bella bifora e quindi, oltrepassato il successivo volto andiamo a sinistra, superando al 4 la finestra-porta fronteggiata dalla ricca edicola barocca del 1765; alzando lo sguardo per osservare le altane e le decorazioni nei sottotetti dei palazzotti settecenteschi, superiamo l'altra edicola barocca a sinistra e la finestra- porta dopo il 129 raggiungendo così il piazzale su cui sorge a destra la romanica chiesa di San Michele.

La costruzione fu eretta prima del Mille come propria cappella gentilizia dai Conti di Ventimiglia che la cedettero poi ai Monaci Benedettini di Lerino. Il portale fortemente strombato è decorato da lesene e colonnine che si concludono in alto con capitelli intagliati ad angioli a braccia levate identici a quelli della cattedrale; sopra gli archi a tutto sesto che chiudono il portale si apre una bifora a tre colonnine sormontata da una finestrella crociata fra due piccolissimi oculi; il sottotetto è decorato da archetti pensili inclinati.

L'interno è a navata unica, con nuda abside in pietra viva e traccia di affresco raffigurante San Sebastiano nell'arco a destra; all'ingresso sono infisse ai lati due pietre miliari della via Julia Augusta qui trasferite dalle campagne circostanti dove furono rinvenute. La parte più commovente e suggestiva della chiesetta è la cripta, cui si accede attraverso la scala originaria a destra dell'altare, dove rimane parte della pavimentazione del tempo.

Il piccolo basso vano rettangolare è diviso in tre navate da colonne in marmi pregiati provenienti da edifici e monumenti romani, che reggono volte a crociera poggianti alle pareti su mensole in pietra intagliata. La prima colonna che incontriamo è in realtà una pietra miliare della via Julia Augusta dell'epoca dell'imperatore Caracalla, con incisa la scritta: "IMP - ANTONINVS PIVS FELIX - AVG PONI CVRAVIT DXC" che ne ricorda la distanza (590) in miglia da Roma, cifra che si ripete identica sulla pietra miliare dell'epoca di Augusto collocata all'ingresso.

Usciti dalla chiesa scendiamo la gradonata a destra e aggiriamo l'abside in blocchi di tufo con bassa feritoia, per meglio osservare il campanile quadrangolare, con due monofore per lato nella cella campanaria, anch'esso in blocchi di tufo con tre feritoie a conferma dell'uso anche militare della struttura.

Tornati sul sagrato attraversiamo tutto il piazzale fino alla bella fontana sotto la volta a sedili a destra: è questo il cinquecentesco Funtanin, con semiovale vasca in pietra decorata ed un monolite con due mascheroni in facciata. Da qui passiamo a destra sotto il varco della cinquecentesca Porta Piemonte, la via settentrionale di accesso al borgo, con ampia vista su tutta la vallata; ai lati proseguono le alte mura cinquecentesche con una serie ininterrotta di feritoie in alto ed altre in basso.

Rientrati in piazza saliamo a destra per Vico d'Appio e tenendoci a destra osserviamo allo slargo, nel giardino sotto l'albero di fico a destra, la prosecuzione delle mura con feritoie avanzando lungo le quali raggiungiamo la Porta della Colla, di cui abbiamo di fronte gli archi incrociati che reggono le scale ed i camminamenti del quadrangolare bastione difensivo.

Usciti all'aperto abbiamo di fronte la seconda cerchia di mura più basse, con feritoie, mentre a sinistra continua la cerchia delle possenti mura più interne che dalla porta prosegue e piega poi ad angolo retto verso il mare. Possiamo seguirle fino alla guardiola pensile all'angolo e vederne la prosecuzione a levante, apprezzandone la felice posizione strategica dominante un ampio braccio di mare.

Tornati indietro vediamo che a sinistra della porta le mura proseguono per scendere poi ad abbracciare il centro storico, formando all'angolo il quadrangolare cinquecentesco bastione di difesa. Rientrando per la stessa via, poco prima di arrivare alla piazza prendiamo a destra per vico Scorzese; superato il tondo in pietra decorato da Agnus al 32, arrivati allo slargo vediamo a destra oltre il giardino una edicola con tondo in pietra intagliata con una Vergine con Bambino.

Proseguendo tra case arcaiche, arrivati allo slargo andiamo a destra raggiungendo l'arco di Porta Nizza, con le sue mura cinquecentesche dotate di alte feritoie; da qui torniamo indietro sulla stessa via e superato lo slargo passiamo a fianco della duecentesca chiesa di San Francesco, di cui vediamo nel fianco sinistro la porta laterale ad arco ogivale in pietra, e proseguiamo quindi fino a raggiungere la piazza della cattedrale e da qui a destra l'auto.

Conclusa la visita alla città, dirigiamoci con l'auto lungo la via Aurelia verso levante e riattraversata parte dell'abitato prendiamo a sinistra la Statale 20 del Colle di Tenda. La strada risale la sponda sinistra del torrente Nervia ed intersecandosi ripetutamente con i viadotti della linea ferroviaria Ventimiglia-Cuneo ci porta in dieci chilometri di selvatico paesaggio all'abitato di Airole.