L'olio, aurea goccia di sole

Olio nuovo
Olio nuovo

Nella Bibbia (Geremia, Ecclesiaste, Osea), l'ulivo è simbolo di bellezza, giustizia e sapienza. Per noi ha anche funzioni esorcizzanti: nelle case dei nostri vecchi, il ramoscello d'ulivo benedetto, rinnovato ogni anno la Domenica delle Palme, era immancabile a capo del letto, taumaturgica protezione da ogni malanno. 

Nella tradizione cristiana, l'olio è sacro quanto l'ulivo che lo produce: è infatti la materia scelta da Dio come tramite per trasferire alcune Sue grazie agli uomini, esplicando la santità nei Sacramenti.

La sacralità dell'olio ne trascende l'utilità. Ma esso è pur anche nutrimento, risana piaghe e ferite, guarisce malattie, preserva dalla ruggine utensili ed armi, abbellisce le membra, porta luce nelle tenebre; una straordinaria somma di virtù che fa sì che l'ulivo sia da sempre coltivato con particolare cura.

Lo si ritiene endemico della regione situata tra le pendici meridionali del Caucaso, quelle occidentali dell'altipiano iraniano e le coste della Siria e della Palestina: da qui, a partire dal quarto millennio a.C., si sarebbe gradatamente diffuso in Egitto e successivamente in Grecia, Sicilia, Sardegna, Liguria.

È comunque certo che, già a partire dal primo millennio a.C., mercanti fenici, greci ed etruschi diffondono sulle coste del Mediterraneo olii ed unguenti profumati: la pax romana contribuirà poi in modo determinante a promuoverne la coltura, che dopo una lunga fase di stasi in seguito al crollo dell'Impero tornerà qui a svilupparsi vivacemente a partire dal Mille, fino a poche decine d'anni fa, quando inizia l'attuale fase di regressione che pare ormai irreversibile.

L'olio E.V.O. è per il Ponente Ligure identitario. La civiltà di questo popolo è intersecamente legata a questa pianta.

A partire dal 1240, quando Benvenuta Ventimiglia paga un giorno di lavoro a chi pianta un ulivo, proseguendo con il prezioso lavoro dei Benedettini che antropizzano il territorio e lo riempiono di ulivi, fino agli inizi del 900 sempre l'ulivo è filo conduttore di questa civiltà.

"...e noi fummo, come un popolo antico, nelle sue cattedrali, ogni nostra ricchezza era lì, ogni nostra forza era lì, tra gli ulivi" (G. Boine).

L'ulivo è pianta dura a morire: alcuni esemplari della Palestina sono ancora in vita dall'epoca romana. La sua capacità di rigenerare dal ceppo anche quando il tronco sia stato tagliato lo rende di fatto immortale.

La stessa forma dell'albero sembra fatta per vincere le avversità: le radici poi scendono per decine di metri aprendosi la strada nella roccia ed assolvono così anche il compito di ancorare saldamente la pianta al terreno di cui salvaguardano la stabilità idrogeologica.

Altre radici, secondarie e terziarie, si sviluppano nei primi settanta centimetri di profondità, convogliando al tronco il nutrimento di prima superficie; e l'albero può levarsi, tra contorsioni solo in apparenza capricciose - rispondenti in realtà a precise strategie di sopravvivenza - anche fino a venti metri di altezza.

Le stesse avversità producono variazioni di forma che aumentano ancora il fascino dei volumi: nel suo corpo si aprono profonde fenditure, il tronco si contorce ma sempre ne guadagna, presentandosi spesso come una scultura di irripetibile fascino.

Le olive si raccolgono dai primi freddi di ottobre in avanti. Non devono essere lasciate maturare troppo, né lasciate cadere a terra col rischio di ritrovarsele poi ammaccate. Le reti disposte sotto gli alberi risolvono oggi il problema, affrontato per millenni dalle screpolate mani delle tenaci raccoglitrici.

Trasportate immediatamente al frantoio, le olive vengono dapprima lavate, poi frante nelle macine dove vengono ridotte in una poltiglia che viene disposta tra dischi di fibra vegetale sotto la pressa da cui sgorga l'olio extravergine.

Il vero olio d'oliva è quindi un semplice succo di frutta e, come tale, si deve presentare naturalmente denso e corposo

Non ci si lasci ingannare da apparenze falsamente suggestive quale la trasparenza, che testimonia in realtà esattamente l'opposto di leggerezza e qualità: l'olio troppo chiaro e limpido è quello industrialmente trattato con additivi chimici, mentre l'olio di prima spremitura è di colore tendente quasi più al verde che al giallo, ha profumo delicato e dolce ma intenso, sapore molto fruttato, morbido, vellutato, armonico, sempre tendente al dolce e a preziosi delicatissimi mandorlati.

Se conservato al buio mantiene le sue caratteristiche organolettiche per circa un anno.

Questo è l'olio extra-vergine di oliva, ottenuto per sola spremitura meccanica, senza manipolazione chimica alcuna: più digeribile dei grassi animali, meno acido degli altri oli vegetali, ha una composizione chimica quasi identica a quella del latte materno, è ricco di bioregolatori che ritardano le senescenza ed è dotato fra l'altro in proporzione aurea di vitamina F, vitale per l'organismo.

Certo, esistono anche altri tipi d'olio: la denominazione commerciale di semplice "olio di oliva" si riferisce però ad un avaro taglio di olio vergine sull'olio di oliva "rettificato", quello cioè recuperato dagli scarti della prima spremitura e sottoposto poi a trattamenti chimici vari.

In una bottiglia di olio extravergine non c'è invece manipolazione alcuna. C'è semplicemente il sole delle nostre colline ed una intera annata di duro lavoro svolto con dedizione quasi religiosa, con affettuosa attenzione, con un giusto orgoglio che si tramanda da secoli: una qualità difesa dalla puntigliosa tradizione di onesta operosità "all'antica" che è il miglior vanto della nostra terra.